Sinodo, si lavora al Messaggio finale. Fra i temi emigrazione, diritti umani
Un appello ai propri fedeli a non emigrare, mano tesa a musulmani ed ebrei per rafforzare il dialogo interreligioso, la richiesta alla comunità internazionale di fare di più per favorire il rispetto dei diritti umani: saranno questi i temi «forti» del messaggio conclusivo del Sinodo per il Medio Oriente. La cui prima versione ha suscitato molti distinguo.
(Città del Vaticano) – Un appello ai propri fedeli a non emigrare, mano tesa a musulmani ed ebrei per rafforzare il dialogo interreligioso, una richiesta alla comunità internazionale di fare di più per favorire il rispetto dei diritti umani: saranno questi, a quanto si apprende in Vaticano, i temi «forti» del messaggio (Nuntius) conclusivo del Sinodo speciale per il Medio Oriente. Ritenuto troppo «politico» da alcuni, troppo «soft» da altri, il testo presentato sabato dalla Commissione di 12 membri incaricata della sua redazione è stato emendato durante il fine-settimana, e verrà ridiscusso con varie modifiche a partire da oggi fino alla votazione di venerdì prossimo. «È un processo del tutto normale, segno della ricchezza di voci e di prospettive messe in campo da questo Sinodo: ciascuno ha potuto avanzare qualche limatura per rendere il testo più consono alle attese delle nostre Chiese» commenta a Terrasanta.net il patriarca armeno Nerses Bedros XIX.
Dopo sei giorni di interventi condotti «con grande franchezza» come si fa notare da più parti, il Sinodo è al giro di boa. La settimana che inizia oggi sarà quella in cui i padri sinodali presenteranno le «proposizioni» che confluiranno nella esortazione apostolica che verrà redatta dal Papa sulla base delle proposte avanzate dai vescovi.
La Commissione per il messaggio frattanto lavora a pieno ritmo per emendare il testo presentato lo scorso sabato che, a quanto riferito dai portavoce dei vari gruppi linguistici, ha suscitato «una discussione più che animata», con 40 interventi in aula ed altri 40 presuli che avevano chiesto la parola, e che per mancanza di tempo hanno consegnato per iscritto i loro suggerimenti. Sarà composto da un’introduzione e da 12 punti che toccheranno i temi chiave discussi dall’assise, a partire dall’urgenza di una maggiore comunione e unità fra le Chiese cattoliche e con gli ortodossi.
Dai commenti alla bozza del messaggio è già emerso un confronto fra chi vorrebbe mandare un monito franco ed esplicito ai regimi arabi più oltranzisti perché allentino la morsa sui limiti di religione imposti ai cristiani e chi ha richiamato i presuli a un linguaggio «più consono a pastori e meno da Nazioni Unite». Raggiunto telefonicamente subito dopo la discussione, il patriarca armeno Nerses Bedros XIX ammette con un sorriso che «sì, siamo uomini di Chiesa e dobbiamo parlare da pastori». «Ma siamo anche esseri umani – rimarca – che portano al Sinodo le necessità e le preoccupazioni tangibili delle nostre Chiese. Durante questa settimana abbiamo udito degli interventi bellissimi, anche da parte degli invitati speciali, sui grandi principi che dovrebbero guidare la nostra convivenza e il dialogo interreligioso. Ma la realtà sul campo è diversa. Tra una settimana torniamo a casa e nessuno si fa illusioni su cambiamenti repentini».
Secondo il patriarca armeno saranno tre gli ambiti sui quali lavorare una volta terminato il Sinodo: «prima di tutto mettere la pace nel cuore dei nostri fedeli, formarli ad una fede adulta ovvero a vivere come una missione le difficoltà che patiamo nei diversi Paesi. Secondo: è importante spiegare ai nostri fedeli che cosa comporta l’emigrazione, i problemi che causa, le difficoltà alle quali si va incontro perché non in tutti i Paesi si viene accolti a braccia aperte… E spiegare che alla base c’è una mancanza di fede: perché chi sa di avere una missione non fugge, scappare davanti alle difficoltà non è da cristiani. Terzo: trovare il modo di creare lavoro, e possibilmente ottenere anche aiuti concreti per le istituzioni cristiane, come le scuole e gli ospedali, perché anche questo ha un ruolo molto importante per mantenere vive e con un ruolo sociale le nostre comunità».
Sabato è stato anche il giorno della votazione preliminare, conclusasi con una fumata nera, degli otto vescovi (sette rappresentanti delle Chiese orientali e uno della Curia) che entreranno a far parte del Consiglio post-sinodale incaricato di affiancare il Papa nella redazione dell’Esortazione e curare l’attuazione del Sinodo nelle varie diocesi. Nessun vescovo dei vari patriarcati ha ottenuto la maggioranza assoluta. La nuova votazione verrà condotta venerdì 22, e l’elezione sarà facilitata sia dalle consultazioni preliminari sui candidati da votare, sia dall’abbassamento del quorum richiesto. Del Consiglio entreranno a far parte anche tre membri di nomina pontificia più il segretario del Sinodo dei vescovi o un suo rappresentante, per un totale di 12 persone.