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Anche un ayatollah tra gli oltre 300 partecipanti al Sinodo

Terrasanta.net
8 ottobre 2010
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Anche un <i>ayatollah</i> tra gli oltre 300 partecipanti al Sinodo
L'arcivescovo Nikola Eterović durante il briefing di presentazione del Sinodo in Vaticano.

Ci saranno anche un ayatollah sciita e un imam sunnita, oltre a un rabbino, con i 185 padri sinodali che daranno vita da domenica 10 in Vaticano al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. La loro presenza, ha detto stamane il segretario generale del Sinodo dei vescovi mons. Nikola Eterović, costituisce «il segno della disponibilità della Chiesa cattolica a continuare il dialogo con l’ebraismo e con l’islam».


(Roma/m.b.) – Ci saranno anche un ayatollah sciita e un imam sunnita, oltre a un rabbino, fra i 330 partecipanti, fra i quali 185 padri sinodali, che daranno vita da domenica 10 in Vaticano all’assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. La presenza in un’apposita sessione di Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, docente di diritto alla Shahid Behesthti University di Teheran, e di Muhammad Al-Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano, a segnalare che per la prima volta il dialogo con l’islam entra a pieno titolo nell’ordine del giorno sinodale, è stata una delle novità rese note oggi dal segretario generale del Sinodo dei vescovi, l’arcivescovo Nikola Eterović, durante la conferenza stampa nel corso della quale ha annunciato anche un intervento del rabbino David Rosen, direttore del Dipartimento per gli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee e figura di spicco nel dialogo con il mondo ebraico. La loro presenza «alquanto significativa», ha detto il presule, costituisce «il segno della disponibilità della Chiesa cattolica a continuare il dialogo con l’ebraismo, con cui i cristiani hanno rapporti del tutto speciali, come pure con l’islam, così ben presente nella regione mediorientale».

Il Sinodo per le Chiese del Medio Oriente, dal 10 al 24 ottobre in Vaticano, affronterà la situazione di 5 milioni e 700 mila cattolici su circa 20 milioni di cristiani presenti oggi sui 356 milioni di abitanti che popolano l’area dall’Egitto alla Turchia. Con una crescita negli ultimi anni soprattutto nei Paesi del Golfo, dove vivono oggi circa 3,5 milioni di cristiani (fra i quali 2,4 milioni di cattolici). Il loro aumento, ha spiegato mons. Eterović, rende sostanzialmente «stabile» il numero dei cristiani nell’area, considerata l’emigrazione da Israele e Territori palestinesi, Libano, Iraq, Egitto.

L’arcivescovo croato ha spiegato come si tratti di un Sinodo davvero «speciale» per partecipazione, durata e preparazione da quelli che lo hanno preceduto. Ai 185 Padri sinodali, dei quali fanno parte 101 ordinari delle circoscrizioni ecclesiastiche dell’area, 23 della diaspora, 19 vescovi dal Nord Africa e dall’Africa dell’Est, si aggiungeranno anche 14 capi dicastero della Curia e delegati fraterni di 13 Chiese cristiane presenti in Medio Oriente, 36 esperti e 34 uditori.

L’arabo sarà una delle quattro lingue ufficiali e per la prima volta, in omaggio alla comunità di fedeli di espressione ebraica, sarà disponibile sul sito di Radio Vaticana una sezione in ebraico dedicata al Sinodo. «Durerà anche meno degli altri, 14 giorni invece delle usuali tre settimane – ha aggiunto – a causa della complessa situazione sul campo e per non sottrarre troppo a lungo i vescovi alle diocesi».

L’arcivescovo ha ribadito come gli obiettivi primari del Sinodo siano quelli di rafforzare la comunione fra le Chiese cattoliche orientali e l’identità cristiana dei fedeli mediorientali. «Anche di fronte alle difficoltà – ha scandito mons. Eterović – i cristiani hanno un ruolo specifico da portare, proprio in merito alla pace, alla riconciliazione, alla giustizia, e al perdono. E la soluzione dei conflitti in corso anche con l’aiuto dei governi occidentali non farà che favorire la loro presenza e il loro ruolo sociale».

In merito all’ipotesi dibattuta in questi giorni in Israele sull’introduzione di un giuramento di fedeltà allo Stato di Israele «anche come stato ebraico», il presule ha infine sottolineato come la Santa Sede resti contraria all’istituzione di «religioni di Stato» all’interno delle leggi nazionali. Di qualsiasi Paese si tratti.

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