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Palestina, oltre i due Stati

Daniele Civettini
7 settembre 2010
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Palestina, oltre i due Stati

Far convivere pacificamente palestinesi e israeliani in uno Stato bi-nazionale oggi sembra decisamente un'ipotesi impossibile. Ma è precisamente l’idea di partenza del volume Palestina. Lo Stato impossibile? L'autore non crede a un futuro Stato israeliano senza palestinesi né ad un ipotetico Stato palestinese autonomo e autosufficiente. «È tempo - scrive - che tutti ammettano, Hamas compresa, che non ci sono più alternative realistiche all’ipotesi di uno Stato bi-nazionale. È l’ultima speranza».


Come mescolare l’acqua e l’olio. Far convivere pacificamente palestinesi e israeliani in uno Stato bi-nazionale, è un’intuizione che nel presente sembra porsi decisamente al di fuori delle leggi di natura. Forse perché una via simile si trova al centro stesso della Legge di Dio, nel vertice più doloroso dell’amore verso il prossimo che è il perdono, e, come tale, è l’unica realistica e praticabile: solo gli uomini possono sceglierla, solo Dio la può compiere.

Comunque venga intesa, questa è precisamente l’idea di partenza di Palestina. Lo Stato impossibile?, autore Gianluca Mazzini per le Paoline, espressa in primo luogo nella prefazione scritta dal rabbino Jeremy Milgron, ex veterano di guerra israeliano e fondatore, insieme ad un pastore protestante palestinese, del movimento Religiosi per la pace.

Gianluca Mazzini, capo redattore a Mediaset e per diversi anni reporter in Terra Santa, comincia il suo «viaggio» ideale da qui, portando con sé quest’ipotesi durante il racconto del passato e del presente dei rapporti tra israeliani e palestinesi; svelando, capitolo dopo capitolo e con particolare attenzione verso le responsabilità della politica estera dei grandi Paesi occidentali, le dinamiche storiche del conflitto arabo-israeliano, iniziato con la Dichiarazione Balfour del 1917 (o forse prima, con i primi passi concreti del sionismo di fine Ottocento) e culminato nell’Operazione Piombo Fuso del 2009, nell’embargo, nei check point e nei muri che disegnano con violenza la geografia della Terra Santa.

La riproposizione dei punti salienti della conflittualità tra ebrei e palestinesi nella storia contemporanea viene intramezzata da «appunti di viaggio», come li chiama l’autore, brevi capitoli che fotografano da vicino la sofferenza palestinese attraversando gli sguardi delle vittime e dei protagonisti di alcune realtà umanitarie e religiose che operano per ristabilire il dialogo e il diritto perduti.

«Ai bambini della Cisgiordania che non possono vedere il mare, ai bambini di Gaza che non possono vedere altro». La dedica iniziale suggerisce un punto di vista privilegiato nello svolgimento dell’analisi: ogni discorso nasce e si conclude nella considerazione e nella riproposizione al pubblico delle condizioni dei più deboli, di chi ha subito maggiormente gli effetti del conflitto; da questo punto di vista basta un’imparziale «conta» dei danni a causare uno sbilanciamento verso il popolo palestinese.

Ciò tuttavia non fa di Palestina un libro «schierato»; i limiti della politica israeliana e l’assenza di una classe dirigente palestinese credibile (si dubita addirittura di un autentico possibile nazionalismo palestinese) sono dichiarati e argomentati con uguale disincanto. Invece, conclude Mazzini – che non crede a un futuro Stato israeliano senza palestinesi né ad un ipotetico Stato palestinese autonomo e autosufficiente -, «è tempo che tutti ammettano, Hamas compresa, che non ci sono più alternative realistiche all’ipotesi di uno Stato bi-nazionale. È l’ultima speranza».

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