Il segretario generale del Sinodo dei vescovi, mons. Nikola Eterović, elenca le ragioni per cui varrà la pena di dedicare grande attenzione alla prossima assemblea speciale dedicata al Medio Oriente. Riportiamo alcuni passaggi di un'intervista concessa a Manuela Borraccino per il bimestrale Terrasanta.
Vi proponiamo i passaggi salienti di un’intervista di Manuela Borraccino al segretario generale del Sinodo dei vescovi, l’arcivescovo Nikola Eterović, in vista della prossima assemblea speciale dedicata al Medio Oriente. Il testo integrale della conversazione appare nel numero di settembre-ottobre 2010 del bimestrale Terrasanta.
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Sarà il primo Sinodo in lingua araba. Il primo ad avere come maggioranza e non più «minoranza qualificata» i patriarchi e i vescovi delle Chiese orientali. Il primo Sinodo realmente «ecumenico» perché coinvolgerà i leader delle principali comunità ecclesiali attive nell’area, soprattutto quelli delle Chiese ortodosse. L’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, non esita a definire «storica» l’Assemblea speciale per il Medio Oriente che sta per riunirsi in Vaticano. Croato, 59 anni, ex nunzio in Ucraina e dal 2004 a capo dell’organismo consultivo vaticano, mons. Eterović ha organizzato i precedenti Sinodi sull’Eucarestia nel 2005, sulla Bibbia nel 2008 e sull’Africa nel 2009. Quello del 2010, dice, sarà anche il primo a mettere sotto i riflettori un’area «di vitale importanza» per la Chiesa universale.
Monsignor Eterović, quali sono le principali novità di questo Sinodo?
La grande novità è la tenuta stessa di tale evento. Durerà due settimane anziché tre anche perché il numero dei partecipanti è un po’ più ristretto rispetto alle assemblee generali ordinarie del Sinodo dei vescovi, dunque si poteva anche concentrare la permanenza a Roma per permettere a tutti loro di tornare ai loro impegni pastorali. Questo Sinodo, inoltre, forse più degli altri è importante non solo per la Chiesa dell’area ma per la Chiesa universale, proprio per il posto speciale che la Terra Santa detiene. Ed è anche per questo che saranno presenti pure esponenti delle conferenze episcopali che storicamente sono più attive nel sostegno alle Chiese del Medio Oriente. È vero che rispetto ad altri Sinodi la preparazione è stata relativamente breve, ma i risultati sono promettenti: i patriarchi e i vescovi sono stati molto diligenti, nelle risposte alle domande dei Lineamenta si è notato uno sforzo di approfondimento e di analisi che ci ha permesso poi di redigere l’Instrumentum laboris che Papa Benedetto XVI ha consegnato a Cipro. Ora siamo in fase di preparazione di una serie di elementi tecnici in modo da essere pronti per ottobre. La metodologia generale del Sinodo non cambia: certo, dovevamo un po’ adattarla alla durata di due settimane anziché tre, ma nella sostanza è rimasta la stessa.
Quali altre differenze si possono ravvisare rispetto ai Sinodi precedenti?
Si desidera dare la massima visibilità alla Chiesa cattolica in questa regione così vitale nella storia del cristianesimo, che pure da duemila anni è attraversata da tensioni, conflitti, rivolgimenti religiosi e politici. Il fatto stesso che malgrado le situazioni sfavorevoli milioni di cristiani siano rimasti nelle loro terre è già un segno della forza e della presenza dello Spirito Santo che misteriosamente, pur nelle contraddizioni, non cessa di ispirare e di guidare la Chiesa. Ed è questa fiducia nella Provvidenza di Dio a rassicurarci sul fatto che quest’area così cara a tutti i cristiani non si ridurrà ad un campo archeologico ma sarà sempre popolata da cristiani pietre vive. Inoltre si parlerà in arabo, una delle lingue ufficiali del Sinodo. Sarà ricordato anche il ruolo della letteratura arabo-siriaca non solamente nelle tradizioni delle Chiese orientali ma anche nella formazione della cultura araba. Le comunità cristiane arabe rappresentano un ponte naturale con l’islam. Altro tema è quello dell’educazione nella fede ed un ruolo particolare sarà riservato ai giovani. È molto importante che essi conoscano la Bibbia, sia l’Antico che il Nuovo Testamento. Questo avrà anche dei riflessi sul dialogo essenziale con l’ebraismo, che è uno dei grandi obiettivi del Sinodo, così come lo è il dialogo difficile ma necessario con l’islam.
Come si concilia questa esigenza di testimonianza con la mancanza di libertà religiosa registrata in tutta l’area?
Sono sfide che tutti quanti portiamo nel cuore e nelle preghiere al Signore: l’auspicio di tutti è che si possa raggiungere la pace nella giustizia, e che il Sinodo possa segnare un passo avanti in questa direzione: se siamo autentici discepoli di Cristo, siamo anche operatori di pace. Ma per ottenere la pace c’è bisogno di un cambiamento dei cuori. Come diceva il venerabile Giovanni Paolo II: non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono. La capacità di perdonare è un dono da chiedere a Dio, non è certo qualcosa che l’uomo possa darsi da solo. Bisogna chiedere la forza di perdonare anche i crimini, altrimenti non ci sarà modo di superare i conflitti. I cristiani, pur essendo una minoranza, possono dare un contributo formidabile nel cambiamento delle mentalità, a cominciare dal cuore riconciliato con Dio e con il prossimo e alla costruzione di una regione pacifica, di una società più armoniosa, più giusta. E dove i cristiani restino, anche con l’aiuto della comunità internazionale, e quelli emigrati possano tornare. Pur non avendo pretese politiche nell’assise sinodale che è di natura pastorale, non si potrà evitare di parlare anche di come migliorare concretamente la situazione di grande difficoltà in cui vivono i cristiani in molti Paesi.
Un processo collaudato
L’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi che si aprirà il 10 ottobre in Vaticano con la Messa del Papa vedrà la partecipazione di tutti i 150 vescovi in carica in un arco di Paesi che va dall’Egitto alla Turchia. Ad essi si aggiungeranno i vescovi della diaspora, esperti, uditori, delegati fraterni delle altre confessioni cristiane, esponenti delle conferenze episcopali continentali e di quelle maggiormente attive nell’area come i presuli di Stati Uniti, Italia, Francia, Germania e rappresentanti dell’ebraismo e dell’islam, per un totale di circa 300 persone. Ciascun presule avrà a disposizione cinque minuti nell’Assemblea plenaria per il proprio intervento e ci sarà spazio poi per la «discussione libera». Più articolati saranno gli interventi nei gruppi di lavoro, i cosiddetti Circoli minori divisi nelle quattro lingue ufficiali del Sinodo: arabo, inglese, francese, italiano. L’ordine del giorno sarà scandito dall’Instrumentum laboris, il documento preparatorio consegnato dal Papa ai patriarchi orientali a Cipro lo scorso giugno che mette a fuoco i nodi ecclesiali, sociali e politici della condizione che le minoranze cristiane vivono nell’area. Il Papa sarà presente alle Congregazioni generali sia del mattino che del pomeriggio.