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Il sogno di Elias

Daniele Civettini
23 settembre 2010
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Il sogno di Elias

La biografia di Elias Chacour - arcivescovo melchita di Akko - scritta in forma di racconto da Pia de Simony e Marie Czemin, è una storia ricchissima di relazioni, di rapporti decisivi per la formazione spirituale del sacerdote galileo, di amicizie talvolta potenti, intessute con esponenti di mondi diversi nel panorama arabo, israeliano ed occidentale. Pagina dopo pagina, emerge la figura di un uomo di fede che ha saputo capitalizzare la sua sete di giustizia in un progetto organico di pace.


«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati; beati i gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Nella lingua in cui Gesù parlava, «beato» ha un significato attivo, quasi un invito perentorio ad un impegno che certamente otterrà buon esito; ogni beatitudine suona come una specificazione della vita del cercatore di tesori, più che del mendicante adagiato presso il tempio.

Il monte delle beatitudini ha accompagnato l’intera vita di Elias Chacour, palestinese, israeliano, cristiano melchita, come un’immagine cangiante: dal frutteto di casa al seminario parigino di Saint Sulpice, dalla spoglia e lacerata parrocchia di Ibillin in Galilea fino alla «Montagna del Mostro», un sasso brullo e scosceso poco distante da Ibillin, divenuto «Monte di Luce», ora che, pieno di banchi e lavagne, computer, aule ed insegnanti di valore, vi troneggia un plesso scolastico all’avanguardia, capace di sfornare ogni anno centinaia di allievi assai preparati professionalmente e propensi per formazione mentale alla convivenza e al dialogo. Attorno alla realizzazione del Mar Elias Institute, scuola tra le migliori di Israele, frequentata da musulmani, drusi, cristiani ed ebrei, che ha visto suonare la prima campanella nel 1982 dopo cinque anni di lavori febbrili compiuti inizialmente senza l’autorizzazione – e con l’aperta ostilità- del governo di Israele, ruota la vita e l’essenza della visione politica e religiosa dell’attuale arcivescovo melchita di Akko, Haifa, Nazaret e Galilea.

La biografia di Elias Chacour scritta in forma di racconto da Pia de Simony e Marie Czemin, edita da Marcianum Press nel 2009 (ma l’originale tedesco è del 2007), è una storia ricchissima di relazioni, di rapporti decisivi per la formazione spirituale del sacerdote galileo, di amicizie talvolta potenti, intessute con esponenti di mondi diversi nel panorama arabo, israeliano ed occidentale: queste ultime, insieme alla tenacia nel realizzare idee innovative e «scomode» (in materia di istruzione, ma anche nell’ambito dei rapporti tra confessioni diverse) hanno fatto di Chacour un elemento di spicco del panorama palestinese anche dal punto di vista politico, oltre che spirituale.

Pagina dopo pagina, emerge la figura di un uomo di fede nato nel 1939, sfollato dai militari sionisti otto anni dopo, che ha saputo capitalizzare la sua sete di giustizia – propria di ogni palestinese che abbia subito sulla sua pelle l’evoluzione del giovane Stato di Israele – in un progetto organico di pace, sopravvissuto agli eventi più sanguinosi della storia recente della Palestina. E la pace tra arabi e israeliani è un fatto prima educativo, solo successivamente politico: per realizzarla bisogna creare in primo luogo le scuole, perché grazie ad esse si può offrire ai giovani, specie a quelli più marginalizzati dalle tensioni della guerra, possibilità concrete di realizzazione personale, perché solo in un contesto di speranza diventa più efficace e ragionevole inculcare valori diversi dalla rivalsa e dall’odio ideologico.

La scuola di Ibillin, intitolata al profeta Elia per significare la comune radice delle tre grandi fedi, significa tutto questo. Ma che essa possa rappresentare, in scala ridotta, anche un’intuizione politica più lungimirante rispetto allo scenario attuale (un unico Stato federale dove israeliani e palestinesi convivano in partnership) è materia che riguarda il futuro, altri monti delle beatitudini, altri operatori di pace. Che possono ispirarsi ad Elias Chacour, uno dei primi a credere al sogno della fratellanza concretamente vissuta per i due popoli figli di Abramo.

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