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L’italiano insegnato a Betlemme

Irene Panighetti
26 agosto 2010
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L’italiano insegnato a Betlemme
Studenti a lezione durante i corsi d'italiano a Betlemme. (foto I. Panighetti)

Si protrarranno fino al prossimo ottobre i corsi di italiano promossi a Betlemme dalla Fondazione Giovanni Paolo II, con il sostegno delle Acli e dell’Università per Stranieri di Perugia. Le lezioni, iniziate ai primi d’agosto, rientrano nei percorsi di formazione e inserimento al lavoro rivolti ai giovani palestinesi. Sono previsti anche itinerari formativi per operatori sociali e per addetti alla lavorazione del legno e della madreperla.


(Gerusalemme) – Si protrarranno fino al prossimo ottobre i corsi di italiano promossi a Betlemme dalla Fondazione Giovanni Paolo II, con il sostegno delle Acli e dell’Università per Stranieri di Perugia. Le lezioni, iniziate ai primi d’agosto, rientrano nei percorsi di formazione e inserimento al lavoro rivolti ai giovani palestinesi. Le attività accademiche non si limitano all’area linguistica: sono anche itinerari formativi per operatori sociali e per addetti alla lavorazione del legno e della madreperla.

I corsi sono stati concordati con la cooperativa di artigiani locali. Per trarre insegnamento da progetti di successo, nei primi giorni di questo torrido agosto Riccardo Imberti, dirigente delle Acli, ha visitato a Gerico il Centro del mosaico, fondato nel 2000 come parte di un progetto finanziato dalla Cooperazione Italiana, sotto la supervisione del compianto archeologo francescano Michele Piccirillo, dello Studium Biblicum Franciscanum. Oggi il centro, diretto da Carla Benelli, romana con laurea in storia dell’arte, e da Osama Handan, architetto palestinese laureatosi a Torino, dà lavoro a 10 ragazze e ragazzi e riesce ad autofinanziarsi con la vendita dei mosaici. Da questa esperienza si cercherà di trarre suggerimenti e collaborazioni per il corso di madreperla, con il fine ultimo di dare continuità e sostenibilità al progetto di Betlemme.

L’inaugurazione ufficiale del corso di lingua e cultura italiana ha avuto luogo il 9 agosto, alla presenza dei rappresentati dei donatori e dei partner locali. Le lezioni del corso base, però, erano già iniziate da una settimana. «All’inizio gli studenti formavano un gruppo unico di 25 persone – spiega il docente Gennaro Falcone, dell’università di Perugia – ma poi abbiamo preferito dividerli in due gruppi». Sono ragazzi e ragazze, per lo più cristiani, ma c’è anche qualche musulmano. Frequentano tutti i pomeriggi dal lunedì al sabato, con il venerdì dedicato alla conversazione. «L’approccio è comunicativo», precisa il professore. «A volte ricorro alla tradizionale grammatica, sempre però partendo dal contesto. Spiego in italiano e, se ci sono problemi, di comprensione passo all’inglese». Dopo il corso base ce ne sarà uno di eccellenza, con un esame finale che permetterà a chi lo supera di accedere all’ateneo perugino.

Studiare in Italia è il sogno di Dana Salamah, 18 anni, di Georgette Luossi, 18 anni, e di Magi Fatouleh, 22 anni, tutte e tre cristiane di Betlemme, incontrate in classe. «Ci piace l’italiano, è armonioso, ed è facile». In Italia le tre studentesse vorrebbero studiare ingegneria genetica, teologia e materie connesse alla questione femminile. Quando spieghiamo loro che quest’ultimo ambito di studi nel nostro Paese non è molto considerato, insorgono: «Ma come? L’abbiamo anche qui in Palestina! Vorrà dire che lo fonderemo noi in Italia!».

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