È bastata la prima pioggia per risvegliare la terra. La terra di Giudea è davvero secca, arida, lì dove non c’è acqua. La polvere si infila dappertutto e ce la portiamo anche in Coro – il luogo della nostra preghiera liturgica – e colora di bianco-grigio anche i tappeti sui quali ci inginocchiamo.
La lunga estate calda ha reso il paesaggio «nudo», e la vegetazione che c’è sembra sbucare dalla roccia. Ma già queste prime piogge hanno risvegliato la terra e la vita che silenziosamente custodisce. È impressionante scoprire quanti semi sono lì sotto che attendono acqua per uscire alla luce! È una vita fragile come un filo d’erba verde, un segno che non fa rumore, tenero come una vita nascente.
La vita è sempre nascente, anche qui in questa terra la cui storia affonda le radici nei secoli, nei millenni; anche in questa piccola comunità di Sorelle Povere che nei suoi 121 anni di vita ha conosciuto diverse rinascite.
Ad ogni generazione è affidato il delicato e stupendo compito di far vivere l’oggi che gli è messo tra le mani, perché altri, dopo, possano goderne e fecondare ancora. Forse è proprio questa fedeltà all’oggi – «vivere con passione il presente» direbbe Giovanni Paolo II – che permette alle radici di allungarsi e affondare bene nella terra. Perché non basta qualche goccia d’acqua: bisogna attendere «le piogge di autunno e le piogge di primavera», chiamate anche pioggia «mattinale» e pioggia «vespertina».
L’acqua che scende qui è lenta, silenziosa, penetra piano.
Abbiamo tutti bisogno di questa pioggia per bagnare la Terra Santa che ciascuno di noi è, la Terra Santa che la propria comunità è, che ogni famiglia è.
In questo tempo di «pioggia mattinale» che feconda la nostra storia mi chiedo quale sia il nome di quest’acqua. E mi sembra di scorgere due nomi concreti: il primo è fiducia. Fiducia nella possibilità di vita, di cambiamento. Fiducia che – prima di esser un atto – è uno sguardo ricevuto su di sé, sulle sorelle che vivono con me, sulla vita. Fiducia che può penetrare anche dove il terreno è più duro, più impermeabile, a volte idrorepellente.
Il secondo nome è perdono. È il potere umile della piccola goccia che – più di grandi martelli – ha la forza di entrare nelle brecce e spaccare anche la roccia dura che spesso ci troviamo nel cuore. E rinnovare il miracolo della fecondità, il prezioso frutto.
Attendiamo con fiducia «il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge di autunno e le piogge di primavera» (Gc 5,7). Il frutto verrá, il Signore stesso l’ha promesso: «Io daró alla vostra terra la pioggia a suo tempo: la pioggia d’autunno e la pioggia di primavera, perché tu possa raccogliere il tuo frumento, il tuo vino e il tuo olio» (Dt 11,14).
Gocce di fiducia e perdono dunque, che hanno anch’esse la loro sorgente che si chiama fede e misericordia. «Voi, figli di Sion, rallegratevi, gioite nel Signore, vostro Dio, perché vi dá la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua, la pioggia d’autunno e di primavera, come in passato» (Gioele 3,23).
(* del monastero di Santa Chiara – Gerusalemme)