Il Cammino di Santiago de Compostela è uno dei fenomeni di massa più significativi degli ultimi decenni del XX secolo e dell’inizio del XXI. E tutto lascia intendere che lo sarà ancora per molti anni a venire.
Sulle strade che conducono alla città galiziana si avventurano sempre più pellegrini, spinti da un incessante passaparola, attratti dal fascino dei luoghi e dalla ricerca di una dimensione d’interiorità e silenzio sempre più difficile da trovare nelle nostre città trafficate, rumorose e distratte.
Ciò che però pochi sanno, è che il Cammino, o meglio «i Cammini», affondano le loro radici in un storia millenaria, che è la storia stessa dell’Europa cristiana. Il poeta tedesco Goethe riteneva che l’Europa sarebbe infatti nata «andando pellegrina a Compostela». I vari Cammini, soprattutto quello francese, furono per secoli la colonna vertebrale dell’unità di un continente disgregato e fragile.
Meno persone ancora hanno poi chiaro il legame intimo che esiste tra Santiago de Compostela e la Terra Santa, il luogo da cui tutto ha avuto origine. Recarsi sulla tomba dell’apostolo (figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni), significa andare al cuore dell’esperienza cristiana. Con Pietro, Giacomo fu testimone della trasfigurazione gloriosa di Gesù e della resurrezione della figlia di Giairo. Nel Getsemani si trovò invece di fronte all’umiliazione e alla sofferenza di Gesù, che si fece obbediente fino alla morte.
Pochi poi sono consapevoli dei rapporti che esistono tra l’esperienza compostellana e il francescanesimo. Un legame che – ci sembra utile richiamarlo mentre si celebra l’anno santo compostellano e il Santo Padre si appresta a visitare Santiago il 6 novembre prossimo – risale addirittura all’epoca del Poverello di Assisi (che secondo la tradizione sarebbe stato pellegrino dalla tomba dell’apostolo) e che non è mai venuto meno. (g.c.)
(Questo testo è l’Introduzione al Dossier nelle 16 pagine centrali della rivista)