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Tettamanzi: «Il vescovo Padovese, come un chicco di grano nella terra che amava»

Terrasanta.net
14 giugno 2010
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Tettamanzi: «Il vescovo Padovese, come un chicco di grano nella terra che amava»
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Si svolgono questa mattina nel Duomo di Milano i funerali del vescovo mons. Luigi Padovese, frate cappuccino di origini milanesi, vicario apostolico d’Anatolia e presidente della Conferenza espiscopale turca, ucciso il 3 giugno scorso a Iskenderun. Nell'omelia, il cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi cita parole del vescovo scomparso che invitano alla speranza.


(Milano/g.s) – Si svolgono questa mattina nel Duomo di Milano i funerali del vescovo mons. Luigi Padovese, frate cappuccino di origini milanesi, vicario apostolico d’Anatolia e presidente della Conferenza espiscopale turca, ucciso il 3 giugno scorso a Iskenderun.

All’inizio della Messa dopo il saluto liturgico del celebrante principale, il cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, il nunzio apostolico in Italia, mons. Giuseppe Bertello, ha dato lettura del telegramma di cordoglio inviato dal segretario di Stato vaticano, il card. Tarcisio Bertone, a nome di Papa Benedetto XVI.

Nel corso dell’omelia, attorniato da molti concelebranti in un Duomo gremito di fedeli, Tettamanzi ha detto: «Siamo onorati di accogliere nel grembo della nostra Chiesa ambrosiana, per l’ultima volta, il corpo di mons. Luigi Padovese, questo figlio della nostra terra e della nostra Chiesa che, per chiamata di Cristo, è divenuto figlio e padre della Chiesa di Turchia. Ora, raccolti attorno alle sue spoglie mortali, abbiamo ascoltato con commozione tutta particolare le parole di Gesù che fra poco rivivremo nel rito eucaristico: “Questo è il mio corpo che è dato per voi! Questa è la nuova alleanza nel mio sangue che viene versato per voi!” (Lc 22,19s). In queste parole c’è tutta la potenza dell’amore di Cristo che ha stretto con noi un’alleanza perenne nel suo sangue. Così le commentava padre Luigi: “L’alleanza nel sangue di Cristo è del tutto diversa dai riti antichi. La vita non viene più dalla morte e dal sacrificio di altri, ma piuttosto nell’offerta di sé, dalla morte di sé per la vita di altri. È la fine della violenza! È una offerta volontaria! E al principio della selezione, proprio degli uomini, subentra il principio di solidarietà” (20 ottobre 2009)».

Il cardinale ha poi continuato: «“Vero discepolo di Cristo”: anche il vescovo Luigi ha dato il suo corpo e ha stretto un’alleanza nel suo sangue, offrendo tutto se stesso per l’annuncio del Vangelo e per la vita di coloro che gli erano stati affidati. Nell’esistenza di questo nostro fratello e padre si è realizzata la parola di Gesù che ha paragonato la vittoria della sua Pasqua al mistero del seme che porta frutto nel suo morire: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Chicco di grano caduto in terra è stata la vita di padre Luigi, che ha accolto come una chiamata della Provvidenza di Dio il suo ministero di vescovo di Anatolia. In questa terra turca, che aveva tanto studiato, mons. Padovese ha voluto inserirsi e lasciarsi macerare, amando questo nobile popolo».

«Chicco di grano – ha testimoniato il pastore della Chiesa ambrosiana – si è fatto padre Luigi diventando guida della Chiesa di Anatolia, una Chiesa di minoranza, spesso sofferente e provata. (…) Chicco di grano, che silenziosamente porta frutto, è stato padre Luigi nei suoi incessanti sforzi di costruire spazi di dialogo e di incontro tra culture, tra religioni, tra gli stessi cristiani. Ogni uomo di buona volontà riconosce in questo Vescovo mite e sapiente un vero costruttore di riconciliazione e di pace, a partire dal rispetto reciproco e dall’ accoglienza fraterna. Chicco di grano, infine, padre Luigi lo è stato in quell’ultimo drammatico istante della sua vita, mentre era accanto a un fratello che considerava amico e figlio. Il suo corpo e il suo sangue sono davvero caduti sulla terra di Turchia e, pur nel dolore e nelle lacrime, ci appaiono per quello che sono davvero: non più segni di una vita strappata da violenza insensata e tragica, ma offerta viva di sé che padre Luigi ha vissuto in ogni giorno della sua missione di Vescovo, di amico della pace, di fratello di ogni uomo per amore di Cristo Signore».

«Un ultimo pensiero – ha aggiunto Tettamanzi – voglio rivolgere in modo particolare ai fratelli della Chiesa di Turchia così duramente provati dall’uccisione del loro vescovo. Da oggi la Chiesa di Milano si sente legata a voi in modo ancora più profondo e particolare. Già l’amore di padre Luigi per voi e la sua passione per la Chiesa di Anatolia ci avevano coinvolti nella vostra storia di fede e nel vostro arduo e coraggioso cammino: ora il suo sacrificio ci unisce più intimamente. Vogliamo raccogliere il grido, o meglio il lamento, che si leva da voi e dalla vostra terra. Vogliamo, come Chiesa ambrosiana, insieme a tutte le comunità cristiane, accogliere e affrontare la sfida di essere sempre più coscienti della nostra identità cristiana e di saper offrire, senza alcuna paura, sempre e dappertutto, la testimonianza di una vita autenticamente evangelica: amando Cristo e ogni uomo “sino alla fine”. Siamo grati a Dio per la speranza che voi, suo piccolo gregge, comunicate a tutti noi che troppo spesso dimentichiamo il “martirio” quotidiano della vostra fede e della vostra vita».

Infine un invito a non smettere di sperare: «La speranza – ha detto l’arcivescovo – ha guidato ogni giorno il vescovo Luigi. La speranza è la parola di vita che possiamo riascoltare da lui, come l’estremo e definitivo messaggio che ci viene dal suo corpo dato e dal suo sangue versato su quel piccolo lembo di terra turca: “Ora voglio invitarvi a guardare in alto e a vincere la tristezza e lo scoraggiamento, dal momento che la nostra speranza cristiana è più forte di ogni certezza, perché fondata su Cristo, morto e risorto per noi. Voglio tuttavia aggiungere che questa speranza va nutrita ed alimentata vivendo nelle nostre comunità, perché è una virtù che cresce per contatto. È nella Chiesa e attraverso la Chiesa che impariamo a sperare. Sono i nostri fratelli e sorelle – quelli già in paradiso ma anche quelli che vivono con noi – ad aiutarci a sperare. Cristo si serve di loro, di tutti loro, anche di quelli che con il loro comportamento cattivo servono non a darci la speranza, ma a provare la sua solidità” (Lettera pastorale 2006-07, Siate sempre pronti a testimoniare la speranza che è in voi)».

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