Al termine del rito funebre per mons. Luigi Padovese, questa mattina nel Duomo di Milano ha preso la parola mons. Ruggero Franceschini, anche lui vescovo cappuccino italiano in Turchia. Il presule ha esordito dicendo: «Non è il caso di fare l’elogio funebre. Chi ha versato il suo sangue non ha bisogno di parole e neanche di miracoli» Poi l'appello alla solidarietà per la comunità cristiana in Turchia.
(Milano/g.s.) – Al termine del rito funebre per mons. Luigi Padovese questa mattina nel Duomo di Milano ha preso la parola mons. Ruggero Franceschini, anche lui vescovo cappuccino italiano in Turchia e dal 2004 arcivescovo di Izmir (Smirne).
Il presule d’origini emiliane ha esordito dicendo: «Non è il caso di fare l’elogio funebre di mons. Padovese e raccontare al mondo quanto fosse buono, intelligente, mansueto e onesto. Chi ha versato il suo sangue non ha bisogno di parole e neanche di miracoli. Lo sapete bene voi e anche la sua Chiesa di Anatolia».
Franceschini – che era stato vicario apostolico d’Anatolia prima di Padovese e che dal 12 giugno ne è stato nominato amministratore apostolico dalla Santa Sede – ha continuato dicendo «hanno ucciso il pastore buono». Poi ha ricordato come nel suo pellegrinaggio cristiano, fra Luigi fosse prima diventato uno dei più competenti esperti dei padri della Chiesa vissuti nell’attuale Turchia, e poi avesse deciso di condividere paure e speranze di quella porzione di Chiesa oggi. Ai suoi cristiani – ha ricordato Franceschini – Padovese scriveva che tutti siamo chiamati alla testimonianza, anche se non a versare il proprio sangue, ma non ometteva di osservare che «tra tutti i Paesi di antica tradizione cristiana nessuno ha avuto tanti martiri come la Turchia».
All’uditorio l’arcivescovo cappuccino ha rivolto un appello alla solidarietà: la Chiesa d’Anatolia è troppo giovane, piccola e turbata per continuare da sola, ha detto. «Alle Chiese sorelle chiediamo vocazioni: in particolare sacerdoti, religiose e religiose per una missione difficilissima e senza sconti. Venite a vivere il Vangelo, venite ad aiutarci a vivere semplicemente. A chi si occupa di formazione: tenete aperta una finestra su questa Chiesa, su chi non ha neppure la libertà di gridare la propria pena. E così a chi si occupa di politica o di economia».
«Oggi – ha concluso Franceschini – siamo tutti Chiesa di Anatolia, Corpo del Signore martoriato, sofferente, ma risorto e glorioso».