Tutta dedicata al tema dell’uomo e della donna la terza edizione del «Mistero di Gerusalemme», l’ormai consueto appuntamento del maggio torinese organizzato dall’Associazione Ponte di Pace e dal Commissariato di Terra Santa del Piemonte, con il sostegno della Fondazione Crt e il patrocinio del Comune di Torino. «A immagine di Dio li creò, uomini e donne di Terra Santa»: questo il titolo che ha guidato gli approfondimenti di venerdì pomeriggio 21 maggio e di sabato mattina 22 maggio presso la sala conferenze della Galleria di Arte Moderna.
«Quest’anno abbiamo scelto di fissare lo sguardo sul Mistero dell’uomo e della donna – spiega Chiara Tamagno, presidente di Ponte di pace – recuperando il senso originario della loro creazione e confrontandolo con i volti concreti di uomini e donne della Terra Santa di oggi».
Il primo momento ha visto così dispiegarsi l’analisi dei fondamenti biblici e della tradizione giudaica sulla concezione dell’uomo e della donna creati da Dio in modo da essere complementari: «l’uno di fronte all’altra, necessari l’una all’altro, fatti con l’impasto di terra nera, rossa, bianca… simbolo di tutte le razze con pari dignità», spiega padre Frédéric Manns dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, citando le fonti bibliche, rabbiniche e i padri alessandrini. Una riflessione ampia e documentata alle radici dell’antropologica moderna che vede l’uomo e la donna come primi collaboratori del Dio Creatore. Uomo e donna intimamente legati, così come scaturiscono dalle pennellate di Chagall: Anna Peiretti ha guidato il pubblico tra i dipinti del celebre artista ebreo, sottolineando dettagli particolarmente suggestivi.
Di taglio più esperienziale il secondo momento del convegno, sabato mattina, dedicato alle testimonianze dalla Terra Santa. Sullo sfondo della sala la proiezione di tanti volti colti per le strade di Gerusalemme: uomini, donne, giovani, ebrei, musulmani, armeni, cattolici, copti, soldati in divisa israeliane in divisa palestinese, sorridenti, laboriosi, disperati, feriti, uccisi…
Alla giornalista Paola Caridi è affidato il tema delle donne, con o senza velo: dopo una carrellate sulle numerose donne che in Terra Santa indossano il velo, ebree ortodosse come musulmane, la relatrice va al cuore del problema «che non è il velo, bensì il conflitto, in una Terra dove le donne vittime della guerra soffrono due volte, per la perdita del marito ma anche per una vedovanza difficile da gestire, là dove la famiglia è nucleo portante della società». Parte dall’umanità sofferente anche l’intervento di Alicia Vacas, missionaria comboniana di Betania impegnata con l’Associazione Medici per i diritti umani: mette a fuoco gli effetti sociali del Muro di sicurezza e accenna alla sua esperienza medica a Gaza durante l’ultimo conflitto. Emerge un quadro molto realistico, ma non senza colori di speranza: «è possibile sfondare il Muro, ogni muro che sia barriera contro la vita, quando si muovono le persone di buona volontà, costruttori di pace invisibili e silenziosi che creano occasioni di incontro e di collaborazione». E gli esempi non mancano… Come quello di Nevè Shalom-Wahat al Salam (la comunità interetnica dove convivono 55 famiglie ebree, cristiane, musulmane) illustrato da uno dei suoi soci fondatori, Abdessalam Najjar.
Puntuali e provocatorie le domande del pubblico che ha chiesto ai testimoni possibili soluzioni affinché gli uomini e le donne di Terra Santa possano sognare una vita più dignitosa.
A padre Giorgio Vigna, Commissario di Terra Santa, il compito di tirare le fila dei due giorni di lavori: «Tutti gli interventi hanno raccontato la vita reale, compresa la dimensione del sogno, della poesia biblica, dell’arte… e abbiamo intuito che la realtà invisibile, nascosta, ha grande ricchezza e potenzialità». Forse la speranza per la Terra Santa si aprirà dal basso, lontano dal mondo della politica? Certo verrà da chi ha il coraggio di sfondare il muro.