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Le Acli per i giovani di Betlemme

Simone Esposito
13 maggio 2010
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Le Acli per i giovani di Betlemme
Il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero.

Il Primo maggio di quest'anno è stato particolare per le Acli, che hanno scelto di celebrarlo in Terra Santa. In occasione del loro quarto pellegrinaggio nazionale in Israele, Territori Palestinesi e Giordania, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno inaugurato a Betlemme un Centro permanente di formazione professionale. Ce ne parla il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero.


(Roma) – Il Primo maggio da poco trascorso è stato particolare per le Acli, che hanno scelto di celebrarlo in Terra Santa. In occasione del loro quarto pellegrinaggio nazionale in Israele, Territori Palestinesi e Giordania, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno inaugurato, nei locali della Casa della Pace di Betlemme, un Centro permanente di formazione professionale. Destinatari, i giovani palestinesi, che patiscono la piaga della disoccupazione cronica (in Cisgiordania, secondo i dati dello scorso aprile forniti dall’Ufficio centrale di statistica palestinese, il tasso è del 37,2 per cento per i maschi dai 18 ai 25 anni e del 46,9 per cento per le femmine di pari età) e che spesso sono costretti all’emigrazione. Del progetto, finanziato con i contributi del 5 per mille, Terrasanta.net ne ha parlato con il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero.

Perché le Acli hanno scelto di legare il loro Primo maggio alla Terra Santa aprendo questo Centro di formazione?
Per noi, come associazioni cristiane dei lavoratori, è naturale pensare alla Terra Santa quando lavoriamo per la cooperazione internazionale e l’amicizia tra i popoli, per rafforzare il nostro elemento identitario cristiano e sostenere le comunità credenti di quei luoghi. Il nostro stile è quello di impegnarci attraverso le nostre competenze specifiche: in questo caso, sicuramente una delle esigenze del popolo palestinese è la formazione dei giovani lavoratori e il loro inserimento al lavoro. Il progetto che abbiamo avviato va in questa direzione e il Primo maggio, in coincidenza con il nostro pellegrinaggio annuale, è stata un’ottima occasione per partire.

Chi si occupa concretamente del Centro?
In questo momento c’è un nostro dirigente, Riccardo Imberti, che sta seguendo la fase di avvio a Betlemme. Contestualmente, stiamo cercando personale locale che assuma i ruoli di responsabilità. Noi non vogliamo costruire un centro “per” i cittadini di Betlemme, ma “dei” cittadini di Betlemme: questo significa che dovranno essere i palestinesi stessi a farsi carico di portare avanti il progetto. Anche per questo stiamo lavorando in stretto contatto con la Chiesa che è in Gerusalemme e con la Fondazione Giovanni Paolo II (che è partner dell’iniziativa – ndr).

Quali saranno le attività di formazione che proporrete?
Avremo tre tipi di proposte, modellate su tre diverse esigenze emerse sul territorio. La prima riguarderà la formazione di guide turistiche, soprattutto in lingua italiana. In questo progetto avremo il supporto dei formatori dell’Università per stranieri di Perugia. Il secondo corso sarà destinato agli operatori sociali: c’è bisogno assoluto di implementare un settore carente come quello dei servizi sociali e della progettazione. La terza attività sarà rivolta alla formazione degli artigiani, in collaborazione con le realtà locali. In Palestina c’è una forte tradizione, soprattutto per la lavorazione del legno e della madreperla, che oggi però soffre la concorrenza del mercato cinese. La soluzione è quella di investire sulla specializzazione, in modo da avere un artigianato di alta qualità.

Quando si parte?
Prestissimo: i primi corsi prenderanno il via ai primi di luglio, e l’intera offerta sarà completa a settembre. Le iscrizioni sono già state aperte. L’obiettivo è quello di coinvolgere 60-70 persone di età compresa tra i 16 e i 18 anni, e tra i 18 e i 25 per le guide turistiche, alle quali proponiamo un corso post-diploma.

Le Acli hanno già da tempo una serie di attività di sostegno alla Terra Santa attraverso la loro onlus. Oltre al Centro di Betlemme, avete in cantiere qualche nuovo progetto?
È vero, il nostro Istituto pace sviluppo innovazione Acli (Ipsia) promuove già da qualche anno alcune iniziative periodiche di incontro e scambio tra giovani italiani e palestinesi, ed è un progetto che andrà avanti. Ora, in più, stiamo pensando con la Fondazione Giovanni Paolo II e con padre Ibrahim Faltas, il parroco di Gerusalemme, di attivare una rete di servizi per i lavoratori palestinesi. In Palestina i diritti dei lavoratori sono calpestati spessissimo e lo stato sociale è molto destrutturato. Abbiamo avviato una fase di studio per capire come formare i quadri necessari alla costruzione delle necessarie tutele dei lavoratori.

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