Quando l’anziano Mosè si affaccia dal monte Nebo, sulle alture giordane, per contemplare la Terra Santa alla fine della vita, scorge nella pianura sottostante Gerico: un’oasi abitata, ricca di verde, di fonti d’acqua e frutti della terra. Mosè vede finalmente coi suoi occhi, la terra promessa; l’oasi sperata nei quarant’anni di deserto. E Gerico, da sempre, è proprio questo: un luogo con la «vocazione» di essere «oasi nel deserto». Una vocazione che, a causa della situazione politica che si vive in Palestina, è presente in nuce ma non ancora realizzata.
Gerico, per chi ha la fortuna di visitarla oggi, fa balenare la promessa di quello che la Palestina potrebbe essere se finalmente ci fosse la pace e i molti limiti di movimento, imposti da check-point e permessi non rilasciati, fossero alla fine rimossi. Vicina al confine giordano, a due passi dai fanghi terapeutici del Mar Morto, ai piedi del paradiso naturalistico del deserto di Giuda, Gerico potrebbe diventare la prima meta palestinese del turismo arabo; e uno dei luoghi privilegiati del turismo occidentale.
E la speranza è che proprio quest’anno, 2010, in cui si celebrano i diecimila anni di storia della città, le cose possano cambiare in meglio. Le mura possano cadere davvero e la gente possa finalmente muoversi e lavorare. Non solo: Gerico è l’esempio di quello che potrebbe essere tutta la Terra Santa in fatto di convivenza tra le religioni. Qui, un passo alla volta, si sta costruendo un’oasi di convivenza: una piccola ma vivace comunità cattolica animata dai frati della Custodia di Terra Santa convive senza gravi tensioni con la maggioranza musulmana. E qui si conservano luoghi visitati dal Signore Gesù nella sua vita terrena. Nel 2010 allora, l’invito che facciamo ad ogni pellegrino, è di camminare verso Gerico, l’oasi nel deserto.
(Questo testo è l’Introduzione al Dossier delle 16 pagine centrali del bimestrale Terrasanta su carta)