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A proposito di boicottaggi

Giorgio Bernardelli
28 maggio 2010
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Ha fatto rumore in Italia la decisione della Coop di aderire al boicottaggio dei prodotti della multinazionale israeliana Agrexco. Come al solito si tratta di una questione complessa, che invece si sta liquidando con il solito scontro becero tra filo-israeliani e filo-palestinesi. Tutto sommato l'iniziativa è infelice.


Ha fatto rumore in Italia la decisione della Coop di aderire al boicottaggio dei prodotti della multinazionale israeliana Agrexco quando non c’è la possibilità di distinguere tra quelli prodotti negli insediamenti e quelli che provengono dal territorio internazionalmente riconosciuto di Israele. Come al solito si tratta di una questione complessa, che invece si sta liquidando con il solito scontro becero tra filo-israeliani e filo-palestinesi. Tanto che adesso in Rete gira già anche l’idea del contro-boicottaggio dei prodotti Coop.

Metto subito in chiaro la mia personalissima opinione: secondo me si tratta di un’iniziativa pensata male, che rischia di portare più danni che vantaggi a quella (molto più seria) che parallelamente si sta svolgendo nei Territori palestinesi. Provo a spiegarmi. Molti dei prodotti che si consumano a Ramallah sono importati da Israele. E alcuni vengono dai contestatissimi insediamenti, in stabilimenti dove peraltro spesso lavora anche manodopera palestinese. L’idea del boicottaggio non è nuova e del resto ha una lunga tradizione: lo proponeva già Gandhi in India nei confronti delle merci degli inglesi. Adesso però nei Territori palestinesi è stata rilanciata in grande stile dal premier Salaam Fayyad, all’interno di quel processo unilaterale di costruzione della nazione iniziato nell’estate scorsa e che ha l’obiettivo di arrivare a proclamare nell’estate 2011 lo Stato palestinese. Dunque il boicottaggio oggi è un’iniziativa sostenuta direttamente da chi governa a Ramallah. Ma è un boicottaggio molto mirato: riguarda una lista ben precisa di prodotti che provengono effettivamente dagli insediamenti. Ha dietro un progetto: quello di «liberare» la Cisgiordania dalla dipendenza economica da Israele, facendo crescere un’alternativa interna. E ha anche un significato politico ben preciso: chi aderisce al boicottaggio di fatto oggi in Palestina «vota» per Fayyad e per il suo programma. Lo stesso Fayyad, va aggiunto, che – insieme ad Abu Mazen – è comunque il referente di Washington per i negoziati di pace indiretti condotti dall’inviato di Obama, George Mitchell. Più che una protesta barricadera il boicottaggio di oggi a Ramallah è dunque uno dei «fatti sul terreno» su cui si basa il nuovo corso della politica palestinese.

Mi chiedo: il boicottaggio della Coop e di tutti quelli che aderiscono alla campagna Stop Agrexco ha queste stesse caratteristiche? Secondo me no. Si tratta, infatti, di un boicottaggio indiscriminato: il mercato internazionale non è quello della Cisgiordania e quindi è impossibile fare una distinzione netta tra ciò che è prodotto negli insediamenti e ciò che viene realizzato nel resto di Israele. Sugli scaffali dei nostri supermercati non arrivano infatti i prodotti Tekoa (dal nome dell’omonimo insediamento), o i legumi in scatola Maya Foods (la cui fabbrica sta a Mishor Edomim) o i dolciumi Achva (che vengono da Barkan). Così chi ha promosso il boicottaggio ha deciso di mettere nel mirino il «pesce grosso»: la Agrexco, la principale azienda agroalimentare israeliana che produce anche nei Territori. Quella – per intenderci – degli agrumi Jaffa, dei datteri Jordan Plains e dei prodotti Carmel. Siccome l’Agrexco non prevede la tracciabilità dei prodotti che vengono dai Territori – è la tesi – allora li boicottiamo tutti. A me pare una grossa forzatura: una tracciabilità del genere non ha alcun senso dal punto di vista della legge israeliana. Ed è abbastanza ipocrita pretendere che un’azienda risolva le contraddizioni che la politica internazionale non è capace di far sciogliere in Medio Oriente. Mi piacerebbe fare un test di tracciabilità ai promotori dell’iniziativa: snocciolare loro una serie di nomi ebraici di località e chiedere a loro se si trovano nei Territori o entro i confini del 1948. Non so in quanti saprebbero rispondere. Ma, secondo me, c’è anche una ragione etica per dire di no: attuando questo boicottaggio io vado a colpire anche tanti lavoratori israeliani che con gli insediamenti non c’entrano proprio nulla; magari molti di loro sono anche arabi israeliani o votano per forze politiche che sono contro l’«occupazione». Che senso ha?

L’effetto paradossale di tutto questo è che a noi viene chiesto di boicottare anche prodotti che i palestinesi stessi non boicottano. Gli agrumi Jaffa, tanto per fare un esempio, nella lista di Ramallah non ci sono. Certo: i palestinesi comprano già i loro. Ma questo non è l’unico motivo. La verità è che, prima di lanciarsi lancia in resta, gli insediamenti bisogna imparare a conoscerli: si capirebbe che, per chi ha davvero a cuore il futuro della Palestina, predicare il boicottaggio degli agrumeti che si trovano nella Valle del Giordano è una follia. Stanno in un’area semi-desertica dove prima del 1967 non c’era nulla. Se e quando ci sarà lo Stato palestinese bisognerà ragionare su come far sì che l’agricoltura intensiva impiantata dagli israeliani sia davvero una risorsa per tutti. Ma sarebbe assurdo pretendere di cancellarla. O vogliamo che anche queste risorse – dieci volte più importanti dal punto di vista del fatturato economico – facciano la fine delle serre di Gaza?

È una questione molto seria quella degli insediamenti. Ed è ora di affrontarla. Ma con una politica vera, non con bandiere che non servono a nulla. Quando nel 1949 gli arabi persero la guerra la prima mossa fu il boicottaggio economico. Dissero: gli ebrei sono filosofi, medici, musicisti, non sanno coltivare la terra; non vendiamogli i nostri prodotti agricoli e quelli saranno costretti ad andarsene. Nel giro di dieci anni Israele era già diventato il più importante produttore agricolo del Medio Oriente… Quello che adesso dovremmo boicottare.

Clicca qui per leggere un articolo dell’agenzia palestinese Miftah sul boicottaggio

Clicca qui per leggere l’opinione critica dell’analista israeliano Yossi Alpher

Clicca qui per accedere al sito palestinese della campagna di boicottaggio

Clicca qui per accedere al sito italiano della campagna di boicottaggio dei prodotti Agrexco

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