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Campagne archeologiche e di restauro in Giordania, affreschi e graffiti nella basilica di Nazaret. Omaggio a Glauco Baruzzi, artista milanese recentemente scomparso.

Glauco, l’artista di Nazaret

Carlo Giorgi
7 aprile 2010
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Glauco, l’artista di Nazaret
1973, Glauco Baruzzi (in piedi al centro) dirige i restauri della chiesa dei Santi Lot e Procopio, sul Monte Nebo (Giordania).

Se entrate nella basilica dell’Annunciazione, a Nazaret, alzate gli occhi sulle pareti della cappella francescana, alla sinistra dell’altare maggiore. Noterete grandiosi graffiti affrescati che costituiscono un moderno ciclo di storie della Custodia di Terra Santa, nato dalla mano e dall’ingegno di Glauco Baruzzi, artista italiano morto solo pochi mesi fa, il 29 dicembre 2009. Nel corso della sua vita Baruzzi ha avuto un rapporto privilegiato con la Terra del Signore. Infatti negli anni Sessanta, quando la basilica di Nazaret era in via di realizzazione, fu lo stesso Giovanni Muzio, l’architetto che ne firmò il progetto, a volere al suo fianco Baruzzi, e ad affidargli i grandi cicli decorativi delle pareti della chiesa.

Baruzzi è tra gli uomini d’arte che, con la sua opera, ha permesso a molti pellegrini di pregare con più profondità e di cogliere più a fondo il Mistero. Per questo, volentieri, raccogliamo alcune testimonianze inedite di Raffaele Beretta, suo allievo, che ne ricorda l’impegno e l’amore per la Terra Santa, dove il Baruzzi lavorò come artista, ma anche come archeologo e mosaicista.

«La Custodia, nella persona del Custode del tempo padre Alfonso Calabrese, incaricò Glauco Baruzzi di dirigere la prima campagna di restauro di mosaici nei pressi del Monte Nebo – racconta Beretta -, nel sito del Khirbet el-Mukhayyet, in Giordania. La campagna si sarebbe tenuta nell’estate del 1973 e sarebbe stata condotta in collaborazione con l’architetto Cesare Calano e due giovani frati dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme; accompagnati da padre Bellarmino Bagatti si sarebbero occupati del rilievo e dell’indagine archeologica del complesso dell’antica chiesa dei santi Lot e Procopio. Ma c’era un problema: la guerra dei Sei giorni era ancora nell’aria e la cima di Syiagha del Monte Nebo era trincerata e presidiata da truppe dell’esercito giordano.

Prima della partenza ricordo che ci fu un colloquio fra padre Calabrese e Glauco Baruzzi, nella sede del Commissariato di Terra Santa di Milano. Il colloquio verteva sull’opportunità, o meno, di effettuare la campagna di scavo e restauro, in obbiettive condizioni di pericolo – ricorda Beretta -. In quell’occasione Baruzzi pronunciò una frase che mi risulta indimenticabile anche a distanza di quasi quarant’anni anni: «Abbiamo coinvolto dei giovani e non possiamo deluderli». I giovani in questione, oltre al sottoscritto, erano Giovanni Baruzzi e i due frati sopraddetti: padre Alberto Prodromo, in seguito divenuto l’architetto di molti progetti, sia di restauro sia di nuove costruzioni, in Terra Santa e di padre Michele Piccirillo, recentemente scomparso, di cui il mondo, archeologico e non, parlerà ancora lungamente. Così, noi giovani di allora, cominciammo a lavorare sotto le ali amorevoli e forti di Glauco Baruzzi e di padre Bellarmino Bagatti, altra personalità carismatica». Glauco Baruzzi è stato un esempio per generazioni di artisti. Docente presso l’Accademia di Brera a Milano, ha insegnato il mestiere dell’arte a molti giovani.

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