Una delle chiavi per la pace in Terra Santa è approfondire la reciproca conoscenza tra i popoli e le comunità religiose che vi coabitano. Le iniziative in questa direzione forse sono ancora poche ma non mancano. Ne segnaliamo due di carattere culturale che hanno avuto luogo nei giorni scorsi a Gerusalemme presso il convento di San Salvatore, sede centrale della Custodia francescana di Terra Santa.
(Gerusalemme – m.m./m.a.b.) – Una delle chiavi per la pace in Terra Santa è approfondire la reciproca conoscenza tra i popoli e le comunità religiose che vi coabitano. Le iniziative in questa direzione forse sono ancora poche ma non mancano. Vorremmo segnalarne due di carattere culturale che hanno avuto luogo nei giorni scorsi al convento di San Salvatore, nel centro storico di Gerusalemme, la sede centrale della Custodia francescana di Terra Santa.
Sabato 16 aprile, per il secondo anno consecutivo, una trentina di studenti israeliani dell’Università ebraica di Gerusalemme ha visitato il convento nell’ambito del corso di studi su Le comunità religiose nella Gerusalemme contemporanea, tenuto dal professor Amnon Ramon presso il Dipartimento delle religioni.
Gli studenti sono stati accolti negli uffici della curia custodiale da fra Oscar Marzo che ha loro illustrato la storia e le attività della Custodia. I presenti hanno rivolto al frate numerose domande sugli argomenti più vari riguardanti la Custodia, la vita religiosa francescana, il cristianesimo.
Al termine dell’incontro, gli studenti si sono recati nella chiesa conventuale di San Salvatore dove hanno potuto prendere coscienza del legame che la unisce al Cenacolo. La loro giornata di studio è proseguita presso il patriarcato greco-ortodosso e la basilica del Santo Sepolcro, distanti solo poche decine di passi dalla casa francescana.
Il giorno precedente i frati minori avevano ospitato nei locali del convento un’altra giornata di studio, patrocinata e organizzata dall’Istituto Yad Ben Zvi di Gerusalemme. Il titolo, La Madonna in mezzo ai cactus, era preso in prestito da quello di un volume recente della prof.ssa Nurith Kenaan-Kedar, già docente alla facoltà di Arte di Tel Aviv e dedicato allo studio dell’influenza francescana sull’arte nelle chiese francescane di Terra Santa nel XX secolo.
La giornata s’è aperta con un intervento del padre Custode, fra Pierbattista Pizzaballa, che ha parlato della presenza francescana in Terra Santa. Poi il dott. Gil Fishhof dell’Università di Tel Aviv, ha svolto un’introduzione al libro della Kenaan-Kedar, la quale, prendendo la parola, ha presentato il tema centrale della sua opera: «Tradizione e rinnovamento nell’arte cristiana di Terra Santa tra il XIX e il XX secolo – la chiesa della Visitazione a Ain Karem e la chiesa dell’Annunciazione a Nazaret».
La professoressa ha sottolineato che «l’arte cristiana tra il XIX e il XX secolo ha tracciato in Terra Santa capitoli importanti di storia dell’arte. Tali capitoli, però, non sono ancora integrati nella storia dell’arte occidentale». Ed è esattamente questa lacuna che l’opera intende colmare. Il volume apre un nuovo campo di ricerca e di discussione: quello relativo alla arte pittorica cristiana in Terra Santa nel XX secolo. Ci si concentra in particolare sulle due chiese francescane già menzionate, considerate come la più alta rappresentazione artistica del pensiero teologico francescano.
Nel libro vengono esplorate le fonti artistiche e le basi iconografiche ed esaminati i motivi e le intenzioni degli artisti, e sono presentate varie illustrazioni delle loro opere. Vengono inoltre offerti vari esempi dell’arte del XIX e del XX secolo nelle chiese armene e greco-ortodosse di Terra Santa.
La conferenza della prof.ssa Kenaan-Kedar è stata seguita da altri due interventi, tenuti da due dottorandi che lavorano con lei sul progetto dell’arte religiosa cristiana in Terra Santa nel XIX e XX secolo.
La dott.ssa Talia Treister si è concentrata su «Le icone del XIX secolo nella chiesa greco-ortodossa di San Giorgio di Lydda», spiegando come la pittura stessa dell’iconostasi riflette la vita della piccola comunità greco-ortodossa di Lydda.
Nirit Shalev-Khalifa ha parlato invece dei «Dipinti sotto il mandato britannico: il ruolo e il significato del dipinto monumentale nella cappella armena di San Gregorio l’Illuminatore, nella basilica del Santo Sepolcro». Questa è storicamente la cappella di Sant’Elena, che divenne più tardi di proprietà della Chiesa armena. Nel XX secolo essa venne restaurata, e alla fine della seconda guerra mondiale il patriarca armeno chiese all’artista libanese Altounian di dipingere il ciclo della vita e la passione di san Gregorio l’Illuminatore, grazie al quale il popolo armeno si convertì al cristianesimo. L’opera può essere letta come espressione dell’identità nazionale della comunità armena di Gerusalemme.
Al termine dei lavori il Custode ha osservato che «i ricercatori israeliani studiano le nostre opere d’arte, quelle della Chiesa e quelle dei francescani, in maniera più professionale di quanto non facciamo noi stessi. La loro conoscenza è notevole e ineccepibile, ogni volta ne rimango impressionato».