Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
Ha ancora senso recarsi in Terra Santa senza andare a visitare che la abita? Il Commissariato piemontese risponde proponendo diverse esperienze di viaggio.

Pietre sante e pietre vive

Chiara Tamagno
3 marzo 2010
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Anticamente il pellegrinaggio in Terra Santa durava mesi e il pellegrino aveva occasioni concrete per relazionarsi con la gente del posto, scoprendo così la sacralità dei Luoghi della fede e la vita che pulsava intorno, là dove ogni pietra ha un nome e ogni nome ha una sua storia. Che cosa è rimasto oggi di questo modo di farsi pellegrini? Fedeli alla missione di custodire i Luoghi Santi e la comunità cristiana che li tiene vivi, i francescani hanno da sempre sostenuto questo tipo di approccio alla Terra Santa, invitando i pellegrini a guardare sia ai siti della memoria biblica sia ai volti della gente che vive in quei luoghi. È questa la scelta di viaggio adottata con particolare cura dal Commissariato piemontese, che da circa dieci anni è impegnato ad organizzare pellegrinaggi che includono numerosi incontri con la realtà locale.

«L’idea è maturata soprattutto dopo la seconda Intifada – spiega il Commissario padre Giorgio Vigna –  quando i pellegrini che partivano per conoscere il vero volto (allora ferito) della Terra Santa chiedevano di incontrare anche la gente. Furono incontri intensi, spesso commoventi, in cui i pellegrini avevano l’opportunità di fare domande, di soddisfare curiosità anche banali, ma soprattutto portavano vicinanza e solidarietà diretta. Da allora abbiamo continuato a proporre, anzi a dare maggior spazio a questi incontri durante i giorni del pellegrinaggio». Una proposta ancora piuttosto originale rispetto alla tendenza comune, che comporta un impegno in più sia per chi organizza e sia per chi viaggia. Spiega padre Vigna: «Non è facile calibrare i tempi di visita ai Luoghi, che prevedono attenzione all’archeologia, alla catechesi biblica, alla spiritualità… con i tempi degli incontri fissati con alcuni rappresentanti della comunità locale; ci vuole la disponibilità da parte di chi viene invitato a parlare e da parte dei pellegrini stessi, ai quali proponiamo di rinunciare a un po’ di tempo libero per partecipare agli incontri».

E il mix funziona, con grande soddisfazione di tutti. Può sembrare strano, ma la popolazione che vive in Terra Santa e che è abituata a vedere frotte di pellegrini lungo le strade, è onorata di sentirsi ascoltata e compresa nelle gioie e nei tormenti che lì hanno un sapore unico. Così l’ebreo racconta la sua paura, il senso di insicurezza ma anche la voglia di pace e di cambiamento; l’arabo cristiano israeliano rivela una vita ben diversa dall’arabo cristiano che abita invece nei Territori dell’Autorità palestinese; il musulmano mostra con orgoglio le sue tradizioni e i suoi rapporti pacifici o conflittuali con le famiglie vicine di casa… Il quadro sociale diventa un caleidoscopio di culture, di storie, di sogni… «Ho scoperto le pietre vive, i volti in cui la storia si fa ancora più interessante e viva!» commenta un pellegrino. Gli fa eco la moglie, catechista: «Forse è mancato il tempo per recitare il rosario nei Luoghi della nostra fede, ma abbiamo "sgranato" altre decine, quelle dei volti che chiedevano ascolto e che ora portiamo nel cuore».

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