Scoprire di avere il cancro è una eventualità tremenda per chiunque. È ancora più terribile se magari si è giovani. Ma può andare ancora peggio: il peggio è avere il cancro, essere ancora giovani e vivere a Gaza. È la storia di Fatenah, protagonista del primo film d'animazione palestinese della storia. Ideato e prodotto dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), diretto da Ahmad Habash e da lui scritto insieme a Saed Andoni e Ambrogio Manenti, il cartoon è un'impresa senza precedenti, proprio perché prodotto interamente in Palestina e realizzato tutto da palestinesi.
Scoprire di avere il cancro è un’eventualità tremenda per chiunque. È ancora più terribile se magari si è giovani. Ma può andare ancora peggio: il peggio è avere il cancro, essere ancora giovani e vivere a Gaza.
È la storia di Fatenah, una donna ventisettenne che abita tranquilla (per quel che si può) nella Striscia di Gaza insieme a suo padre e a sua sorella. Il destino le riserva una prova durissima: un tumore al seno. Un male violento ma non imbattibile: oggi ne è colpita una donna su dieci, e la mortalità si è ridotta negli ultimi anni al 17 per cento.
Ma Fatenah vive a Gaza, e le visite specialistiche, le cure, l’intervento necessario, insomma, tutto quello che in ogni altra parte del mondo le garantirebbe buone possibilità di guarigione, le sono negate. In mezzo c’è l’isolamento della Striscia, quel confine con Israele così difficile da valicare, un’assicurazione sanitaria insufficiente, per chi come lei è cittadino di uno Stato che non esiste e ospite indesiderato dello Stato «ufficiale».
Fatenah è il primo film d’animazione palestinese della storia. Ideato e prodotto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), diretto da Ahmad Habash e da lui scritto insieme a Saed Andoni e Ambrogio Manenti (medico italiano che dell’Oms è responsabile per la Cisgiordania e Gaza), il cartoon è un’impresa senza precedenti, proprio perché prodotto interamente in Palestina e realizzato tutto da palestinesi. Il disegno è semplice, il tratto molto limpido, la narrazione essenziale: il tutto per accompagnare una storia tanto forte ed esemplare da non aver bisogno di troppi fronzoli. Molto interessante è l’uso, nell’animazione digitale, di vere fotografie di scenari e luoghi palestinesi, che aggiungono realismo.
Ispirata a una storia vera, ma in realtà paradigmatica della quotidianità dei Territori, Fatenah porta per la prima volta sullo schermo cinematografico la vicenda di quel dolore nel dolore che è l’immane fatica dell’accesso alle cure sanitarie che i palestinesi ammalati sperimentano sulla propria pelle, quando fanno giornate di fila al check-point per poi essere rimandati indietro nonostante un permesso regolare e la terapia da ricevere in ospedale. Il film riesce nell’intento di proporre un racconto schietto, mostrando come, all’ingiustizia della malattia, si finisca per aggiungere l’ancor peggiore sopruso della guarigione ostacolata.
Fatenah, uscito l’estate scorsa, ha ricevuto la menzione speciale della giuria del Middle East International Film Festival di Abu Dhabi, il Noor Award per il miglior corto all’Arab Film Festival di San Francisco e il secondo premio per il miglior film d’animazione al Roberto Rossellini Maiori Film Festival 2009. Nonostante questo risultato di tutto rispetto, non vale la pena di illudersi che il cartoon riesca a trovare un canale di distribuzione in Italia. Per fortuna c’è la Rete: il film, diviso in tre parti, da febbraio è disponibile su YouTube con i sottotitoli in inglese. Non è proprio come vederlo al cinema, ma ne vale lo stesso la pena.