Alla fiera della piccola editoria Più libri più liberi, svoltasi nei giorni scorsi a Roma, c'era anche un angolo di Medio Oriente, con la sua narrativa e la sua saggistica spesso considerate «di nicchia» perché fuori dai grandi circuiti di vendita e quindi lontane dal grande pubblico, ma non necessariamente di scarsa qualità. L'interesse dei lettori verso certe tematiche non manca, ma bisogna fare i conti con una distribuzione che fa il gioco soprattutto dei grandi editori.
Nel Paese che non legge (e che quest’anno, con i portafogli strizzati dalla crisi, ha comprato ancora meno libri), nei giorni scorsi il Palazzo dei congressi di Roma sembrava un’oasi nel deserto. E in quell’oasi c’era anche un angolo di Medio Oriente, con la sua narrativa e la sua saggistica spesso considerate «di nicchia» solo perché fuori dai grandi circuiti di vendita e quindi lontane dal grande pubblico, ma non necessariamente di scarsa qualità.
Stiamo parlando di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria italiana organizzata dall’Associazione italiana editori, di cui proprio ieri si è chiusa l’ottava edizione (apertasi sabato 5 dicembre). Un evento con numeri decisamente significativi: nel 2008 sono stati 16 mila i titoli esposti e 75 mila i libri venduti a un totale di 52 mila visitatori. Nell’edizione 2009 sono aumentate le case editrici presenti, ben 409 (dodici mesi fa erano 397). Obiettivo della fiera era di offrire, nel periodo dell’anno – quello prenatalizio – più felice per le vendite, una vetrina d’eccezione al variegato mondo dei piccoli editori. Una galassia che produce il 25 per cento delle 50 mila novità pubblicate in Italia ogni anno. E tra gli stand affollati della fiera spuntano spesso titoli espressione della cultura mediorientale: una letteratura non certo minore, eppure spesso relegata ai margini degli scaffali delle librerie della grande distribuzione.
«I nostri libri sono nascosti, quasi non si trovano nelle librerie», confida a Terrasanta.net Patrizia Ippoliti, dell’ufficio commerciale delle Edizioni Lavoro. È la casa editrice della Cisl: attenta, ovvio, ai temi del sindacato, ma interessata da sempre alla cultura araba e musulmana, tanto da avere in catalogo un’intera collana dedicata all’islam e da aver portato in Italia autori come Tahar Ben Jelloun, il premio Nobel egiziano Naguib Mahfouz e i poeti e romanzieri palestinesi Ibrahim Nasrallah e Muhammad al-Qaysi. «L’interesse del pubblico c’è – continua Ippoliti – e occasioni come questa ce lo confermano. Ma il problema è raggiungerlo, il pubblico: ci è capitato di scoprire autori che poi, passati a grandi editori, hanno venduto tantissimo. La distribuzione ci penalizza troppo».
La lamentela per un sistema di distribuzione che premia i giganti a scapito dei piccoli editori è il leit-motiv di ogni espositore della fiera. Anche la Jouvence, casa editrice romana specializzata in saggi storici e, da qualche anno, in letteratura araba, soffre lo stesso problema. «Normalmente intercettiamo quei lettori che sono appassionati di un certo tipo di letteratura e vengono da noi a colpo sicuro», ci dice Domenica Passaforte. «Eppure quando abbiamo la possibilità di ampliare il raggio di diffusione, come qui a Più libri più liberi, notiamo che le tematiche del nostro catalogo non sono poi così di nicchia». Un catalogo molto ricco, nel quale spicca una collana, diretta dall’autorevole arabista Isabella Camera d’Afflitto, con 35 titoli di narrativa araba contemporanea: da Terra di fichi d’India, romanzo sulla vita nei Territori occupati scritto dal palestinese Sahar Khalifa nel 1976, al più recente E chi se ne frega di Meryl Streep di Rachid Daif, un piccolo caso letterario in Libano e in Francia agli inizi del decennio. «Tutti testi rigorosamente tradotti dall’arabo – precisa Passaforte -, e non "di seconda mano" dalle traduzioni francesi, come avviene spesso. È un segno di qualità».
Altra significativa finestra editoriale sulla Terra Santa è quella della Giuntina, storica casa fiorentina nata nel 1980 e interamente specializzata (è l’unica in tutta Europa) in cultura ebraica. «Mio padre Daniel è figlio di un sopravvissuto alla Shoah – ci racconta il giovane editore Shulim Vogelmann – e fondò la casa editrice partendo soprattutto dal racconto dell’Olocausto, come una vera e propria missione». E infatti il primo libro pubblicato, diventato in seguito il long-seller del catalogo, è il classico La notte di Elie Wiesel, con la prestigiosa prefazione di François Mauriac. «Poi siamo cresciuti, e oggi pubblichiamo titoli ad argomento ebraico, religioso e non, con un’impostazione culturale laica e mai confessionale». Fiore all’occhiello è la collana di narrativa Israeliana: ultima uscita Tempesta tra le palme di Sami Michael, scrittore e presidente dell’Associazione per i diritti umani in Israele, che addirittura in Germania è pubblicato da un editore arabo. Ma nemmeno Giuntina, che pure conta su un pubblico affezionato, è risparmiata dalle difficoltà nel trovare maggiore visibilità nel mercato editoriale. Ci dice ancora Vogelmann: «Vendiamo in e-commerce sul nostro sito, e dobbiamo ammettere che con il pontificato di Giovanni Paolo II è decisamente aumentata l’attenzione del mondo cattolico nei nostri confronti. Ma abbiamo comunque bisogno di vetrine come questa romana».