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Africani a Baghdad

17/11/2009  |  Milano
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Secondo un reportage della Bbc, oltre 10 mila ugandesi, dal 2007 ad oggi, sono stati accolti in Iraq come guardie private per la sicurezza, impiegate ad affiancare le truppe straniere nel Paese, e a proteggere le aziende occidentali ivi operanti. In particolare la Watertight Security Services, che ha una propria sede operativa in Uganda, è una società impegnata nella selezione e nella formazione di guardie di sicurezza, per il mercato iracheno. Ma intanto si fa avanti la concorrenza del Kenya. E si guarda a Kabul.


(c.g.) – Il mitra AK-47s è il passaporto usato da molti africani per emigrare in Medio-Oriente. Infatti, secondo un reportage pubblicato dalla Bbc, oltre 10 mila ugandesi, dal 2007 ad oggi, sono stati accolti in Iraq come guardie private per la sicurezza, impiegate ad affiancare le truppe straniere nel Paese, e a proteggere le aziende occidentali ivi operanti. In particolare la Watertight Security Services, che ha una propria sede operativa in Uganda, è una società impegnata nella selezione e nella formazione di guardie di sicurezza, per il mercato iracheno. «Le società che forniscono guardie di sicurezza private stanno aumentando – racconta Katerema Mwesigye, istruttore della Watertight -; noi offriamo ai nostri ragazzi stipendi compresi tra i 700 e i mille dollari; ma oggi sul mercato sono presenti anche compagnie di altri Paesi africani. Ad esempio, le società kenyane pagano i propri dipendenti 400 dollari al mese. Costano meno di noi e ci stanno facendo concorrenza; oggi, in Iraq, hanno più di 500 guardie private al lavoro. Da parte nostra speriamo che la crescente attenzione sull’Afghanistan, possa aprire anche lì un nuovo mercato».

Sia Uganda, sia Kenya sono ex-colonie inglesi, dove è possibile trovare molte reclute che parlano in modo elementare e comprensibile la lingua dei soldati americani e inglesi. Non solo: entrambi i Paesi hanno avuto esperienza recente di guerre o guerriglia, e conoscono un uso generalizzato di armi anche da parte di soldati bambini. È evidente che il reclutamento di guardie private qui, più che altrove, possa aspirare a grandi numeri. Infine, l’arruolamento in un corpo di guardie di sicurezza per molti africani costituisce un modo per fuggire alla disoccupazione e alla miseria. «Io stesso prima di partire non possedevo terra – racconta Katerema Mwesigye, l’istruttore -; quando sono tornato ho comprato terreni e mucche. Tutti questi soldi sono arrivati proprio dall’Iraq».

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