La voce della Custodia in lingua francese
La Terre Sainte ha abbonati in cinquantasei Paesi, principalmente, in Francia e Canada, pochi in Svizzera e Belgio. Un buon numero di lettori sono sparsi in Africa, America Latina ed Europa.
L’interesse per la rivista, coordinata da Marie-Armelle Beaulieu, è più vivo di quanto si possa pensare. E questo anche grazie all’iniziativa del benemerito padre Paul Silvestre, predecessore della Beaulieu nella direzione, che si recava di persona presso gli alberghi a distribuire ai pellegrini di lingua francese un cartoncino di presentazione della rivista, mostrando, nello stesso tempo, un numero di La Terre Sainte. «In due anni si è registrato un aumento di duemila abbonati, non pochi visti i tempi. Oggi siamo attestati sulle diecimila copie diffuse».
Appena assunto l’incarico Beaulieu si è accorta che molti ignorano cosa sia e sia stata la Custodia di Terra Santa. «La rivista è uno strumento per far conoscere la Terra Santa con un occhio attento all’attualità. Nelle sue pagine deve trasparire la vita dei cristiani del Medio Oriente, in primo luogo di quelli di Israele, Palestina, Cipro, Giordania, Siria e Libano, in una parola, delle aree dove la Custodia svolge la sua missione. Gli articoli sulla Sacra Scrittura li preferiamo con un’impronta più scientifica che devozionale ma non accademica. Devono essere legati alla storia e all’ambiente». Il risultato è che il lettore scopre una Terra Santa «nuova».
«In genere la vita degli abitanti della Terra Santa è fatta conoscere dagli altri mass-media attraverso il filtro del conflitto – spiega Beaulieu -, una visione che capovolge la realtà delle cose. Qui la gente vive normalmente anche se c’è una situazione di conflitto, che periodicamente ha delle punte di inasprimento».
I servizi dei corrispondenti di giornali e di televisioni, il più delle volte, trovano spazio solo in casi di violenza o di potenziali scandali, come possono essere un attentato o una zuffa tra i cristiani (del clero!) alla basilica del Santo Sepolcro. «Su quest’ultimo punto, poi, il repertorio della vulgata è un miscuglio di fatti veri gonfiati ad arte e di fantasie – continua Marie-Armelle Beaulieu -. Non si parla mai della Settimana ecumenica, che in Terra Santa si svolge dal 20 al 28 gennaio e del clima fraterno che si vive in quei giorni. Certamente capita qualche episodio sconveniente, ma quante volte all’anno? Una, raramente due. Quattro delle cinque figlie di una famiglia cattolica che conosco sono andate in spose a mariti di quattro confessioni cristiane diverse dalla propria. Ciò cosa vuol dire?». Chi vive stabilmente in Terra Santa ha una percezione diversa della realtà rispetto a chi vi risiede per un breve periodo o per un tempo più o meno lungo. «A questo proposito, oltre a testimonianze di volontari, raccolgo anche le impressioni di studiosi che trascorrono lunghi periodi di ricerca soprattutto a Gerusalemme. Posso dire che le loro osservazioni sono sempre stimolanti».
L’accoglienza di taluni articoli da parte dei lettori provoca reazioni del tutto opposte. Alcune volte il medesimo pezzo è ritenuto po’ troppo pro-israeliano da un abbonato, mentre a un altro appare sbilanciato verso la parte palestinese. «Il fatto è che taluni si son fatti un’idea unilaterale della situazione locale dura da scalfire. Il torto o la ragione non sono mai di uno solo. Senza nascondere la realtà, "costruire ponti" significa dare spazio soprattutto a quanto di positivo e di bello c’è in questa terra. È un impegno non semplice, talora un vera sfida, ma è proprio ciò che ci sforziamo di fare con la nostra rivista».