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Madaba, quell’arsenale scuola d’accoglienza

11/09/2009  |  Gerusalemme
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Madaba, quell’arsenale scuola d’accoglienza
Alcuni ragazzi e operatrici dell'Arsenale dell'incontro, a Madaba (Giordania). (foto: I Pedrali)

A Madaba, cittadina giordana circa trenta chilometri a sud di Amman, da tre anni opera il Sermig, il Servizio Missionario Giovani, di Torino. La comunità, sorta nel 1964 da un'intuizione di Ernesto Olivero, ha creato in Giordania un Arsenale dell'Incontro, centro diurno per bambini e ragazzi affetti da handicap di vario tipo. In un Paese in cui la disabilità è ancora vista come un tabù sociale e una maledizione, il centro è arrivato ad essere una seconda casa per una novantina di ragazzi, a cui garantisce l'istruzione di base con l'impiego di personale specializzato locale.


Madaba, cittadina a circa trenta chilometri a sud di Amman, in Giordania, è meglio conosciuta come la città dei mosaici. Ha una popolazione di 60 mila abitanti e un tasso altissimo di persone affette da disabilità, pari al 10 per cento, in linea con la media del Paese. Da tre anni qui opera il Sermig, il Servizio Missionario Giovani, una fraternità nata a Torino per rispondere ai bisogni dei più poveri e per sconfiggere la fame con opere di giustizia e di sviluppo, dando una speciale attenzione ai giovani e cercando insieme a loro le vie della pace.

Nato nel 1964 da un’intuizione di Ernesto Olivero, un «innamorato di Dio» come lui stesso ama definirsi, la vera vocazione del Sermig è di far emergere la speranza dai cuori delle persone che ogni giorno si incontrano. Per fare questo la fraternità si mette in ascolto dei bisogni delle persone che bussano alla sua porta

In Giordania è presente con l’Arsenale dell’Incontro, centro diurno per bambini e ragazzi affetti da handicap di vario tipo. Strutture come questa si chiamano arsenali – gli altri due sono a Torino e a san Paolo del Brasile – perché la sede storica della comunità è l’ex arsenale militare di Torino. Il luogo dove vennero fabbricate le armi per le guerre di indipendenza e per le guerre mondiali, è stato trasformato in una piccola oasi di pace.

In Giordania la disabilità è ancora vista come un tabù sociale, una colpa di cui vergognarsi, una maledizione. Visitando il centro la prima persona che incontriamo è un ragazzino con la maglietta arancione. Il suo papà, seduto su un divanetto dell’atrio di ingresso che aspetta l’arrivo dei compagni, quando vede la macchina fotografica chiede che non gli vengano fatte foto. Non vuole che si sappia che suo figlio, con problemi mentali, frequenta il centro. Claudia Graziano è una delle consacrate che operano all’Arsenale dell’Incontro di Madaba e ci confida che quest’uomo accompagna personalmente ogni mattina il figlio all’Arsenale dell’Incontro, pur essendoci un servizio di autobus che passa vicino a casa. «Nella mentalità comune delle famiglie, che è molto simile a quella che c’era anche da noi in italia 50 anni fa – afferma Claudia -, l’handicap è considerato qualcosa di grave, un segno di non benevolenza da parte di Dio. Per cui si fa il più possibile per nasconderlo. E purtroppo questo avviene anche tra i cristiani. Noi cerchiamo di dare ai bambini che bussano alla nostra porta la possibilità di avere un futuro». In Giordania, infatti, ai disabili è preclusa la possibilità di accedere all’istruzione. Anche se un bambino è disabile soltanto fisicamente ma non può andare in bagno da solo non viene accettato in alcuna scuola.

Nel 2007, quando si aprirono le porte di questo Arsenale, i bambini erano otto. In meno di tre anni il centro è arrivato ad essere una seconda casa per una novantina di ragazzi. Garantisce l’istruzione di base con personale specializzato locale, mediante attività scolastiche e occupazionali. Nel fare questo, però, anche la società viene coinvolta. È molto importante, per il Sermig, stabilire un contatto diretto con le famiglie, in maniera che non si sentano sole, che possano uscire dall’isolamento e dall’indifferenza. «Molto spesso – spiega la Graziano – le famiglie non sanno come fare per aiutare questi bambini. Noi cerchiamo di offrire loro consigli e aiuti concreti. Per noi è anche molto importante coinvolgere la gente, mediante la proposta di attività di volontariato per i ragazzi dalla prima media in su».

Appuntamento fisso di ogni venerdì è l’incontro dei giovani ospiti con un gruppo di adolescenti. Vi si svolgono attività manuali e si realizzano vari lavoretti, mosaici, bottigliette di sabbia colorata, découpage. Proprio perché, come spiega ancora Claudia, «se crescono insieme, quando verrà il momento di lavorare, troveranno normale farlo fianco a fianco. I lavoretti che prepariamo servono sia a finanziarci, sia a fare in modo che si diffondano tra le case. Perchè anche in questo modo la gente si renda conto che anche i disabili sono in grado di fare dei lavori belli».

L’importanza dell’incontrarsi e del costruire relazioni è al centro del progetto del Sermig, che non a caso ha chiamato la sua sede giordana «Arsenale dell’Incontro».

In una realtà, come quella di Madaba, imbrigliata dalle regole e da problemi di relazione tra persone che non si parlano per generazioni, la spontaneità dei ragazzini disabili, che litigano tra loro come tutti i bambini del mondo ma dopo cinque minuti si chiedono scusa, ha molto da dire anche agli insegnanti. Claudia ricorda l’esperienza di una volontaria, che le confidò di aver imparato a perdonare proprio dalla spontaneità di questi bambini: «Noi che siamo normali – osservava la donna – non siamo in grado di farlo».

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