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Alleggeriti i blocchi intorno ad alcune città della Cisgiordania

27/07/2009  |  Milano
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Alleggeriti i blocchi intorno ad alcune città della Cisgiordania
Un tratto della «barriera di difesa» israeliana non lontano da Gerusalemme.

Negli ultimi mesi l'esercito israeliano ha alleggerito e mutato almeno in parte la rete di posti di blocco e ostacoli alla libera circolazione dei palestinesi in Cisgiordania. Flussi di traffico più scorrevoli si registrano principalmente intorno alle città di Tulkarem, Nablus, Hebron, Gerico e Ramallah. Nel suo rapporto di giugno l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento delle questioni umanitarie (Ocha) censisce 613 ostacoli alla circolazione in Cisgiordania, contro i 634 (di cui 93 presidiati da militari) registrati solo un mese prima. I miglioramenti sono però mitigati da negatività che permangono.


(g.s.) – Negli ultimi mesi l’esercito israeliano ha alleggerito e mutato almeno in parte la rete di posti di blocco e ostacoli alla libera circolazione dei palestinesi in Cisgiordania. Lo documentano sia i periodici rapporti dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento delle questioni umanitarie (Ocha) nei Territori palestinesi occupati sia testimonianze dirette riportate dalla stampa. Flussi di traffico più scorrevoli si registrano principalmente intorno alle città di Tulkarem, Nablus, Hebron, Gerico e Ramallah. Nablus, ad esempio, resta sempre circondata da sette check-point ma non tutti ora sono permanentemente presidiati da militari e le auto possono lasciare la città senza munirsi di autorizzazione previa. Anche a Ramallah il posto di controllo per chi entra in città dal nord non è più presidiato. Misure del genere hanno ridotto almeno parzialmente code e lunghe attese, consentendo agli automobilisti palestinesi di dimezzare o ridurre ancora di più i tempi di percorrenza.

Nel suo rapporto di giugno l’Ocha censisce 613 ostacoli alla circolazione in Cisgiordania, contro i 634 (di cui 93 presidiati da militari) registrati solo un mese prima. I miglioramenti registrati intorno ad alcune città sono però mitigati da negatività che permangono.

La barriera di difesa voluta da Israele (o Muro dell’apartheid secondo la prospettiva palestinese) è la prima fra tutte. Secondo l’Ocha, quando sarà completata, solo il 15 per cento del suo tracciato correrà su suolo israeliano o lungo la Linea verde, cioè il confine provvisorio disegnato con il cessate il fuoco del 1949 dopo il conflitto arabo palestinese (scoppiato un anno prima con la proclamazione dello Stato di Israele). L’85 per cento del tracciato sorgerà invece nei Territori palestinesi di Cisgiordania. Ci sono addirittura 26 mila persone, nelle aree di Az Zawiya e Bir Nabala, che resteranno completamente circondate dal muro e collegate al resto dei Territori solo da un tunnel o una semplice strada. La barriera e i controlli ai suoi varchi rendono particolarmente difficoltoso l’accesso dei palestinesi a Gerusalemme, polo d’attrazione ineludibile per molteplici ragioni: studio, lavoro, cure mediche, culto, relazioni parentali. Le restrizioni vigono dal 1993, quando furono istituiti i permessi di ingresso, difficili da ottenere, ma il Muro (la cui costruzione iniziò nel 2002) non ha fatto che peggiorare la situazione.

Nel resto della Cisgiordania alcuni intralci alla circolazione sono stati rimossi tracciando strade alternative – con gallerie e sottopassaggi per non incrociare la viabilità principale – che hanno implicato la confisca di nuovi appezzamenti di terra. Molte restrizioni restano in vigore a tutela degli insediamenti ebraici sparsi a macchia di leopardo o per impedire l’accesso di contadini e pastori ad aree militari o riserve naturali (che coprono circa 28 per cento del territorio cisgiordano). A sbarramenti rudimentali fatti di terra o macerie, per impedire l’accesso alle arterie principali da strade secondarie sono subentrati guardrail oppure cancelli (generalmente lasciati aperti) che possono essere chiusi in ogni momento, senza fornire giustificazioni, dall’esercito israeliano.

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