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L’agenzia di stampa ufficiale palestinese ora parla anche ebraico

19/06/2009  |  Gerusalemme
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L’agenzia di stampa ufficiale palestinese ora parla anche ebraico
Il logo dell'agenzia Wafa.

Wafa, l'agenzia di stampa ufficiale dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha da qualche giorno una versione online in lingua ebraica, per fornire ai lettori «un'informazione accurata e di prima mano dal territorio palestinese». È stata inaugurata all'indomani del discorso pronunciato il 14 giugno scorso dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in cui sono state poste le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese. Le pagine in ebraico di Wafa non saranno una semplice traduzione della versiona araba, bensì saranno incentrate su tematiche di interesse per i lettori israeliani.


Wafa, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha da qualche giorno una versione online in lingua ebraica, per fornire ai lettori «un’informazione accurata e di prima mano dal territorio palestinese». È stata inaugurata all’indomani del discorso pronunciato il 14 giugno scorso dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in cui sono state poste le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese.

Il direttore generale di Wafa, Riyad al-Hassan, ha assicurato che non si tratta, come sostengono alcuni, di una coincidenza intenzionale e che il varo della sezione in ebraico era previsto già da molto tempo, ma che problemi tecnici hanno ritardato la pubblicazione.

Sulla pagina principale, che vanta anche la versione francese e inglese, oltre a qualla araba, si legge che le pagine in ebraico di Wafa hanno l’obiettivo di «influenzare direttamente l’opinione pubblica israeliana, al riparo della censura di Israele, riferendo le notizie con obiettività e precisione». Comprenderà notizie quotidiane sulla Cisgiordania e sulle attività dei palestinesi in Israele. Parlerà di arte e cultura, di questioni femminili, e ospiterà interviste con i leader palestinesi. Non sarà una semplice traduzione della versiona araba, bensì sarà incentrata su tematiche di interesse per i lettori israeliani.

È prevista anche una newsletter quotidiana indirizzata ai membri della Knesset (il Parlamento di Israele) e ai media israeliani.

Con una lettera pubblicata sulla homepage del sito Internet dell’agenzia, il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha dato il benvenuto all’iniziativa, che rappresenta un ulteriore passo avanti negli sforzi per il dialogo e testimonia la «fede nella necessità della pace e della convivenza dei due popoli». L’idea di una versione in lingua ebraica è stata pensata per essere un mezzo di comunicazione e di dialogo diretto con l’opinione pubblica israeliana. L’obiettivo è quello di «riflettere con accurata credibilità, obiettività e precisione, l’aspirazione e il desiderio del popolo palestinese a vivere in libertà e dignità sulla propria terra in una patria sovrana palestinese, vivendo fianco a fianco in pace, prosperità e sicurezza con Israele».

Un po’ di freddezza e scetticismo hanno accolto il lancio in rete dell’iniziativa, dal momento che fin da quando è nata, nel 1972, Wafa è sempre stata l’organo ufficiale dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Nel 1982 ha spostato la propria sede a Tunisi in occasione dell’esilio della leadership plaestinese in Tunisia. Trasferitasi in Cisgiordania nel 1994, è diventata l’agenzia ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese. Ha sede a Ramallah e Gaza, e uffici decentrati in varie città dei Territori.

Il ministero degli Esteri israeliano, tramite il suo portavoce Aviv Shir-On, ha espresso le proprie perplessità: «Una notizia di agenzia dovrebbe riferire la notizia oggettiva, e se si cerca di diffondere le posizioni politiche in ebraico contro le posizioni politiche del governo israeliano allora questa cosa naturalmente non è la benvenuta».

In tutta risposta, il direttore Hassan ha ribadito che l’agenzia è un ente pubblico, ma con un margine di indipendenza: «l’obiettività e la credibilità di Wafa è stata conservata per oltre dieci anni. Nessuno può spingerci a farci coinvolgere in qualcosa che vada al di fuori dei valori del giornalismo».

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