La coalizione 14 marzo si aggiudica 70 dei 128 seggi che compongono il Parlamento del Libano. E il movimento degli Hezbollah viene relegato all'opposizione. Saad Hariri, il vincitore politico ha annunciato il risultato con toni concilianti: «Non ci sono né vincitori né vinti - ha detto -. Ha vinto la democrazia». Com'è giusto che fosse dopo un appuntamento cruciale per le sorti del Paese dei cedri. Ma è un fatto che il grande incubo (anche per spettatori interessati quali Stati Uniti e Israele), ovvero la vittoria dell'opposizione guidata da Hezbollah, non si sia tramutato in realtà.
La notte di Beirut ha lasciato il posto ai bagliori dei fuochi d’artificio già pochi minuti dopo la chiusura dei seggi. Ad accompagnare i lampi di luce, le raffiche delle armi automatiche e gli slogan ritmati. In migliaia sono scesi in piazza nella capitale libanese ad ascoltare le parole di Saad Hariri. Le tivù avevano già assegnato alla sua coalizione 14 marzo 70 dei 128 seggi che compongono il Parlamento del Libano. Maggioranza, dunque. «Congratulazioni a voi, congratulazioni alla libertà, congratulazioni alla democrazia – ha scandito Hariri -. Questo è un grande giorno nella storia del Libano democratico. Non ci sono né vincitori né vinti, la sola vincitrice è la democrazia».
Toni concilianti, dunque. Com’è giusto che fosse dopo un appuntamento cruciale per le sorti del Paese dei cedri. Ma è un fatto che il grande incubo (anche per spettatori interessati quali Stati Uniti e Israele), ovvero la vittoria dell’opposizione guidata da Hezbollah, non si sia tramutato in realtà.
I numeri non sono ancora quelli definitivi, ma anche nella migliore delle stime l’alleanza formata dal gruppo oltranzista, dal movimento sciita Amal del presidente del Parlamento Nabih Berri, dal Movimento patriottico libero del leader cristiano Michel Aoun e dal Partito social-nazionale siriano, non va oltre i 58 seggi parlamentari. Tanto che dalla stessa Hezbollah e da Aoun sono già giunte ammissioni di sconfitta. «I lealisti si aggiudicano la maggioranza dei seggi in Parlamento e l’opposizione riconosce il risultato», ha affermato la tivù al-Manar del «Partito di Dio» nel notiziario di stamattina. Anche se Hasan Fadlallah, deputato di Hezbollah, ha tenuto a sottolineare il «plebiscito» raccolto nel sud e nella valle della Bekaa dal suo partito e da Aoun. Quest’ultimo, peraltro, è stato più netto: «Abbiamo perso – ha ammesso -. Accettiamo il risultato come la volontà del popolo libanese».
I quotidiani libanesi, ma non solo, stamani già celebravano la vittoria della coalizione filo-occidentale. «Hanno perso… e il Libano ha vinto», è il significativo titolo di Asharq al-Awsat, quotidiano panarabo di proprietà dell’Arabia Saudita, tra i principali sponsor di Hariri. Mentre, dall’altra parte, as Safir, vicino a Hezbollah, non riconosce la sconfitta e titola: «Le elezioni con la legge degli anni Sessanta riproducono un Parlamento spaccato».
I primi commenti dei leader politici, comunque, sono nella scia delle parole pronunciate già ieri sera da Hariri. La parola d’ordine, a quanto pare, è quella di moderare i toni. E anzi la prospettiva di un governo di unità nazionale resta, nonostante la sconfitta di Hezbollah, la più realistica. A condizione, come ha sottolineato il leader druso Walid Jumblatt, che al movimento oltranzista non vengano lasciati poteri di veto. Per il presidente della Repubblica, il cattolico maronita Michel Suleiman, non ci saranno ostacoli per un governo di unità. E lo stesso Hariri, che in campagna elettorale aveva affermato che «chi vince governa e chi perde sta all’opposizione», sembra ora più aperto verso l’opposizione.
A livello internazionale le prime reazioni all’esito del voto sono giunte dal governo israeliano, il quale ha ribadito che l’esecutivo che nascerà a Beirut dovrà impedire che il Libano diventi una base per attaccare Israele. Congratulazioni ad Hariri sono poi giunte dal presidente egiziano Hosni Mubarak, mentre soddisfazione trapela da Washington. Nelle prossime ore tutte da decifrare saranno, invece, le reazioni di Teheran e Damasco, grandi sostenitrici di Hezbollah nel grande scacchiere dello scenario mediorientale.