La mattina del 9 maggio il Papa si reca alla basilica del Memoriale di Mosè, sulla vetta del Monte Nebo. Il santuario, di proprietà dei francescani della Custodia di Terra Santa, è anche un importante sito archeologico. Qui la tradizione situa l'episodio in cui Mosé dopo aver condotto il popolo di Israele attraverso il deserto s'affaccia sulla Terra promessa e la ammira senza però potervi entrare, perché qui muore. Anche Benedetto XVI, come fece il suo predecessore Giovanni Paolo II, si affaccerà dal ciglio della montagna per ammirare il panorama della Valle del Giordano, dei monti di Giudea e Samaria, del deserto di Giuda.
Il sito – Nei pressi del villaggio di Faysaliyah, sette chilometri a ovest da Madaba, il Monte Nebo domina l’altopiano transgiordano. Costituisce un balcone naturale da cui si gode un’insuperabile vista della Terra Santa e della Giordania meridionale: verso sud lo sguardo va oltre il Mar Morto e il deserto di Giuda; verso ovest spazia dalla Valle del Giordano alle montagne della Giudea e della Samaria. In lontananza si scorgono anche le colline che circondano Amman.
La cima più alta del massiccio del Monte Nebo raggiunge un’altezza di 800 metri al di sopra del circostante altopiano di Belqa. Le altre cime sono di poco inferiori, superando tutte i 700 metri di altezza. Da un punto di vista storico le due più importanti sono la cima di Siyagha ad ovest (710 metri) e quella di Mukhayyat (790 metri) a sud-est.
Nei giorni davvero limpidi ad occhio nudo si può scorgere Betlemme e, non lontano, il singolare cono che ospitò la fortezza erodiana di Herodium (o Herodion), le torri e i palazzi di Gerusalemme dal Monte degli Ulivi fino a Ramallah. Nella Valle del Giordano si identificano bene Qumran, accanto al Mar Morto, e l’oasi di Gerico.
La storia – Dalla muta testimonianza di sporadici dolmen e menhir sembra che il massiccio del Nebo sia stato abitato fin dalla più remota antichità. La sua fama è tuttavia legata all’evento biblico della morte di Mosè. Sulla cima Siyagha i cristiani costruirono un santuario dedicato a Mosè, con l’obiettivo di perpetuare il ricordo dell’episodio.
Per gli archeologi è stato possibile identificarlo grazie alla testimonianza lasciata da due pellegrini del IV e del V secolo d. C. Uno fu la famosa Egeria, l’altro il vescovo monofisita Pietro di Gaza, al quale dobbiamo la descrizione della chiesa e il racconto delle miracolose origini del santuario e della venerazione che suscitò tra i cristiani della regione.
Nel 1932 le due cime di Siyagha e di el-Mukhayvat furono acquisite dalla Custodia di Terra Santa. Fra Jerome Mihaic, intraprendente francescano amico dei beduini e dell’emiro Abdullah (i buoni rapporti con il quale permisero la riuscita dell’impresa), ottenne in poco tempo che i due siti venissero collegati con la strada proveniente da Madaba, in modo da facilitare l’arrivo degli archeologi.
A Siyagha gli scavi iniziarono nell’estate del 1933. La prima campagna fu condotta sotto la guida di fra Sylvester Saller, dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, poi affiancato da altri eminenti colleghi dello Studium. Tre lunghe campagne, nel 1933, nel 1935 e nel 1937, portarono rispettivamente alla scoperta della basilica e di un vasto complesso monastico, sorto e ingranditosi nell’area in età bizantina. Nel 1963 il moderno restauro delle rovine del Monte Nebo fu affidato al francescano Virgilio Corbo, sostituito nel 1976 da fra Michele Piccirillo (recentemente scomparso) e dai suoi collaboratori.
Il Monte Nebo oggi – Il convento fu costruito nel 1932 dalla Custodia per ospitare i membri delle spedizioni archeologiche dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme durante gli scavi delle rovine di Siyagha. A partire da un nucleo centrale è cresciuto negli anni con l’aggiunta di strutture di servizio di varia natura. Oggi è anche sede dall’Istituto archeologico francescano del Monte Nebo.
Primo obiettivo delle attività di recupero intraprese negli ultimi decenni è stato, ed è, di preservare per le generazioni future questo straordinario monumento della fede che è il Memoriale di Mosè.
Dal 1976 l’annuale festa in onore di Mosè si celebra il 4 settembre, secondo il calendario ecclesiastico della Chiesa di Gerusalemme. In quest’occasione i cristiani locali, religiosi e laici, si uniscono ai francescani per celebrare la solennità. Particolarmente visibile è la partecipazione di fedeli provenienti dalla città di Madaba.
Sono del fiorentino Giovanni Fantoni gli arredi liturgici e le decorazioni in metallo battuto all’interno del santuario e il monumento collocato subito all’esterno, un simbolico richiamo al grande profeta e al suo messaggio di salvezza che fu portato a compimento dal sacrificio di Cristo sulla croce.
L’impegnativo compito dei restauri e degli scavi è stato condotto con entusiasmo e tenacia da una sorta di comunità di amici provenienti da diversi Paesi: Italia, Giordania, Malta, Spagna, Usa, Zaire, Francia, Germania… Il gruppo di lavoro consiste in frati, laici, studenti, professori, artisti, che arrivano al Monte Nebo in estate, verso la metà di luglio. L’entusiasmo di tutti e la condivisione della quotidianità in un ambiente desertico, danno vita a una compagnia molto affiatata. La presenza di questa comunità di amici, anche se solo per pochi mesi all’anno, ha dato nuova vita a un convento che, a causa delle frequenti tensioni politiche e militari nell’area, era stato virtualmente abbandonato per anni.
La basilica è al momento l’unico santuario della Giordania. La grande importanza del sito consiste anche nel fatto che Mosè, in quanto simbolo di speranza, rappresenta un punto di contatto tra le tre grandi religioni di Terra Santa: cristiani, musulmani ed ebrei.
Dopo più di 70 anni il sito ha fatto da trampolino di lancio per il ruolo sempre maggiore giocato dagli archeologi francescani nella politica culturale promossa dal governo di Amman per la riscoperta e valorizzazione dell’immenso patrimonio archeologico giordano. Il gruppo di lavoro del Monte Nebo è stato alla base della fondazione, nella vicina città di Madaba, di una scuola per il mosaico, oltre che di ulteriori campagne di scavo nella regione circostante.
Papa Wojtyła visitò questo luogo il 20 marzo 2000. È rimasta celebre l’immagine del pontefice in silenziosa contemplazione della Terra Santa dalla piattaforma appositamente preparata ai piedi del Simbolo cristologico. Quest’ultimo è una scultura contemporanea raffigurante il serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto, a salvezza di chi veniva morso dai rettili, ed è opera in ferro del fiorentino Gianni Fantoni.
Al termine della visita il Santo Padre piantò un ulivo, che sulla montagna ricorda il suo passaggio e il messaggio di pace rivolto alle popolazioni della regione.
Presso il santuario del Monte Nebo riposano dal primo novembre 2008 le spoglie mortali di padre Michele Piccirillo (1944-2008), francescano della Custodia di Terra Santa e tra i più importanti archeologi italiani contemporanei. Prematuramente scomparso a causa di un cancro, padre Piccirillo aveva stabilito proprio qui, negli ultimi anni, la sede principale della sua attività di archeologo e storico della Terra Santa.