«Non abbiate paura». Questa frase, ripetuta più volte, dà il senso della giornata odierna del Santo Padre a Betlemme e soprattutto del messaggio rivolto ai cristiani nella Messa mattutina, molto affollata, sulla piazza della Mangiatoia, di fronte alla basilica della Natività. Benedetto XVI ha rivolto subito un pensiero ai cristiani di Gaza ed esortato tutti a non cedere alla tentazione della violenza, ma a farsi artefici di una vera cultura di pace. Che poi è il messaggio proprio di Betlemme: redenzione, luce, libertà per tutto il mondo.
«Non abbiate paura». Questa frase, ripetuta più volte, aiuta a capire il senso dell’omelia che il Santo Padre ha pronunciato questa mattina a Betlemme, nella Messa celebrata sulla piazza della Mangiatoia, di fronte alla basilica della Natività. E poi un pensiero ai cristiani di Gaza, che vivono in una terra martoriata, alle loro sofferenze, simbolo delle sofferenze di tutto il popolo palestinese. Infine l’esortazione a non cedere alla tentazione della violenza, ma a farsi artefici di una vera cultura di pace.
La giornata di Benedetto XVI nei Territori palestinesi era iniziata con la visita al presidente palestinese Mahmoud Abbas (noto anche come Abu Mazen) nel palazzo dell’Autorità Nazionale Palestinese a Betlemme. Pochi minuti di «papamobile» e il Santo Padre è poi giunto, con un quarto d’ora d’anticipo sul programma, sulla piazza della Mangiatoria, già gremita all’inverosimile di gente venuta da tutte le parrocchie della Palestina, che si sono aggiunti ai tantissimi cristiani locali, delle varie confessioni, presenti qui per la Messa.
Oggi per la città della Stella è stata una specie di festa nazionale: chiuse le scuole, chiusi gli uffici pubblici, chiusi i negozi per poter partecipare in massa alla celebrazione papale. Fin dall’alba sono arrivati in città autobus provenienti da Hebron, Jenin, Taybeh, Ramallah, Gerico. Numerosi anche i pellegrini, specialmente dalla Polonia e dall’Italia. Sui tetti dei palazzi attorno alla piazza, insieme al personale della sicurezza palestinese, una selva di telecamere e di fotografi da tutto il mondo, giunti fin qui per seguire l’evento.
«Viva il Papa! Viva Benedetto!». La folla ha iniziato a scandire in un impressionante crescendo la propria gioia all’arrivo dell’autovettura papale sulla piazza della Mangiatoia, mentre il coro (in realtà la fusione dei cori di ben otto parrocchie di Betlemme, Beit Jalla e Beit Sahour) eseguiva, accompagnato da violini e trombe, un toccante Gloria in excelsis deo.
Il Papa è stato fatto poi entrare nel Bethlehem Peace Centre (il centro civico che ospita le attività culturali di Betlemme), all’interno del quale è stata allestita dai frati della Custodia di Terra Santa la sagrestia per il Papa e i numerosissimi concelebranti, molti dei quali vescovi di Terra Santa dei vari riti cattolici.
All’inizio della celebrazione, il discorso d’accoglienza del patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal, che come già ieri, nella messa nella Valle di Josafat, ha esposto al Papa le sofferenze e le attese dei cristiani di Terra Santa e dei Territori occupati in particolare. «Santissimo Padre – ha detto Twal -, questa terra dove Gesù ha scelto di vivere per salvare il mondo, ha bisogno di pace, di giustizia e di riconciliazione. Le nostre ferite hanno bisogno di essere guarite, i prigionieri d’essere rilasciati, i nostri cuori d’essere purificati dall’odio, e il nostro popolo di vivere in pace e in sicurezza. Il nostro popolo soffre e continua a soffrire l’ingiustizia, la guerra (la guerra di Gaza è ancora una ferita aperta per centinaia di migliaia di persone), l’occupazione e la mancanza di speranza in un avvenire migliore. Quando noi abbiamo accolto il Suo predecessore, il papa Giovanni Paolo II, noi avevamo la speranza di pervenire alla pace, ma questa pace non è mai venuta. Molti hanno allora abbandonato ogni speranza e hanno lasciato la Terra Santa per andare in cerca di un avvenire migliore in altri paesi. Ecco perché il numero dei Palestinesi, soprattutto cristiani, è diminuito e continua a diminuire. Finché noi non troveremo la pace e la tranquillità, ho paura che questo continui. Finché l’instabilità politica perdura, finché si estende il muro che separa Betlemme da Gerusalemme e dal resto del mondo, noi non potremo trovare la pace per la nostra terra».
Interrotto da applausi, il patriarca ha proseguito: «Santissimo Padre, i cittadini di Betlemme e dei Territori palestinesi sono venuti ad accoglierLa e a pregare con Lei: cattolici e cristiani di tutte le Chiese, musulmani e rappresentanti dell’Autorità palestinese, noi siamo venuti tutti per rinnovare il nostro impegno a favore di una pace giusta, una pace che dia a ciascun individuo e ad ogni popolo di vivere degnamente in questa terra; una pace che permetta ai genitori di non avere paura per i loro figli e la loro sicurezza; una pace che dia ai giovani di condurre una vita normale e di costruire il loro avvenire; una pace che permetta a questa Terra Santa di adempiere la sua vocazione: glorificare Dio e vivere in pace».
«Noi – ha poi soggiunto il presule – siamo coscienti della vocazione di questa terra di essere aperta a tutti i credenti (…). Nessuno può pretendere di possedere questa terra al posto degli altri ed escludendo gli altri. Dio stesso ha scelto questa terra, e vuole che tutti i suoi figli vi vivano insieme».
Alla celebrazione hanno fatto da contrappunto più volte dalle grida di gioia della folla e i cori degli studenti delle scuole cattoliche e degli scout di Betlemme, presenti con i loro striscioni di benvenuto.
Nella sua attesa omelia, il Papa ha esordito dicendo: «Ringrazio Dio Onnipotente per avermi concesso la grazia di venire a Betlemme, non solo per venerare il posto dove Cristo è nato, ma anche per essere al vostro fianco, fratelli e sorelle nella fede, in questi Territori Palestinesi». Subito ha soggiunto: «Il mio cuore si volge in maniera speciale ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza a motivo della guerra: vi chiedo di portare alle vostre famiglie e comunità il mio caloroso abbraccio, le mie condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete dovuto sopportare. Siate sicuri della mia solidarietà con voi nell’immensa opera di ricostruzione che ora vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto».
Poi ha sviluppato alcune riflessioni spirituali: «Il messaggio della venuta di Cristo, recato dal cielo mediante la voce degli angeli, continua ad echeggiare in questa città, come echeggia nelle famiglie, nelle case e nelle comunità del mondo intero. È una “grande gioia”, hanno detto gli angeli, “che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10). Questo messaggio di gioia proclama che il Messia, Figlio di Dio e figlio di Davide, è nato “per voi”: per te e per me, e per tutti gli uomini e donne di ogni tempo e luogo. Nel piano di Dio, Betlemme, “così piccola per essere fra i villaggi di Giudea” (Mic 5,1) è divenuta un luogo di gloria immortale: il posto dove, nella pienezza dei tempi, Dio ha scelto di divenire uomo, per concludere il lungo regno del peccato e della morte e per portare vita nuova ed abbondante ad un mondo che era divenuto vecchio, affaticato, oppresso dalla disperazione».
«Per gli uomini e le donne di ogni luogo – ha proseguito Ratzinger -, Betlemme è associata al gioioso messaggio della rinascita, del rinnovamento, della luce e della libertà. E tuttavia qui, in mezzo a noi, quanto lontana sembra questa magnifica promessa dall’essere compiuta! Quanto distante appare quel Regno di ampio dominio e di pace, sicurezza, giustizia ed integrità, che il profeta Isaia aveva annunciato, secondo quanto abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr Is 9,7) e che proclamiamo come fondato in maniera definitiva con la venuta di Gesù Cristo, Messia e Re!».
Richiamandosi alle letture ascoltate nella liturgia il Papa ha detto: «Non sono forse queste le virtù richieste a uomini e donne che vivono nella speranza? In primo luogo, la costante conversione a Cristo che si riflette non solo sulle nostre azioni, ma anche sul nostro modo di ragionare: il coraggio di abbandonare linee di pensiero, di azione e di reazione infruttuose e sterili. La cultura di un modo di pensare pacifico basato sulla giustizia, sul rispetto dei diritti e dei doveri di tutti, e l’impegno a collaborare per il bene comune. E poi la perseveranza, perseveranza nel bene e nel rifiuto del male. Qui a Betlemme si chiede ai discepoli di Cristo una speciale perseveranza: perseveranza nel testimoniare fedelmente la gloria di Dio qui rivelata nella nascita del Figlio suo, la buona novella della sua pace che discese dal cielo per dimorare sulla terra».
«”Non abbiate paura!” – ha ripreso Benedetto XVI -. Questo è il messaggio che il Successore di San Pietro desidera consegnarvi oggi, facendo eco al messaggio degli angeli e alla consegna che l’amato Papa Giovanni Paolo II vi ha lasciato nell’anno del Grande Giubileo della nascita di Cristo. Contate sulle preghiere e sulla solidarietà dei vostri fratelli e sorelle della Chiesa universale, e adoperatevi con iniziative concrete per consolidare la vostra presenza e per offrire nuove possibilità a quanti sono tentati di partire. Siate un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione. Edificate le vostre Chiese locali facendo di esse laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità pratica».
«Al di sopra di tutto, siate testimoni della potenza della vita, della nuova vita donataci dal Cristo risorto, di quella vita che può illuminare e trasformare anche le più oscure e disperate situazioni umane. La vostra terra non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e politiche, ma in modo più importante – potremmo dire – di una nuova infrastruttura “spirituale”, capace di galvanizzare le energie di tutti gli uomini e donne di buona volontà nel servizio dell’educazione, dello sviluppo e della promozione del bene comune. Avete le risorse umane per edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco che potranno garantire un futuro migliore per i vostri figli. Questa nobile impresa vi attende. Non abbiate paura!».
Al termine della Messa il Papa ha voluto salutare i 48 cristiani di Gaza che avventurosamente sono riusciti, nonostante tutto, a giungere a Betlemme con il loro parroco Jorge Hernandez (leggi le sue dichiarazioni) e due suore di Madre Teresa. A loro il Papa ha voluto stringere la mano e ha lasciato un viatico di speranza da portare nella loro insanguinata terra.
Contrariamente al previsto, Ratzinger ha attraversato a piedi la piazza della Mangiatoria verso la basilica della Natività, salutando e stringendo le mani tra due ali di folla. Si è poi fermato per il pranzo al Casa Nova, la casa per pellegrini della Custodia di Terra Santa, insieme al patriarca, al Custode e alle autorità civili ed ecclesiali di Betlemme. Per Santo Padre lo chef del Casa Nova ha preparato un antipasto di salumi, tagliatelle fatte in casa, agnello, filetto e patate al forno.