Nell'orizzonte di una riflessione teologica sul significato della terra di Israele per il cristiano, Raniero Fontana con questo suo libro ci offre una prospettiva interessante - e al contempo provocatoria - che rimette a tema la santità di questo luogo a partire dal rapporto fra il «il Santo» di Israele e il suo popolo, in un arco di tempo che va dai tempi biblici ad oggi, fra «luci ed ombre», nella continua ricerca di uno «spazio vivibile» e di una «struttura abitabile». L'Autore da vent'anni vive a Gerusalemme, dove insegna in diverse istituzioni accademiche.
Nell’orizzonte di una riflessione teologica sul significato della terra di Israele per il cristiano, Raniero Fontana ci offre una prospettiva interessante – e al contempo provocatoria – che rimette a tema la santità di questo luogo a partire dal rapporto fra il «il Santo» di Israele e il suo popolo, in un arco di tempo che va dai tempi biblici ad oggi, fra «luci ed ombre», nella continua ricerca di uno «spazio vivibile» e di una «struttura abitabile».
L’Autore, che da vent’anni vive a Gerusalemme dove insegna in diverse istituzioni accademiche, e che si è messo in ascolto critico della tradizione ebraica, sottolinea in maniera decisa come questa sia la terra che innanzitutto ci mostra il Dio di Israele attraverso tre realtà inseparabili: la terra, la città di Gerusalemme e il tempio, luoghi reali e simbolici nei quali e attraverso i quali Dio si rende presente al mondo e si lascia incontrare dagli uomini.
A tale proposito vengono presentati alcuni modelli ermeneutici desunti dalla tradizione, i quali – secondo la dialettica tipicamente rabbinica che predilige punti di vista diversi talvolta anche contrastanti – mostrano la «particolarità» di questo luogo che comunque è in relazione ad una «parola», la Torah, l’insegnamento divino rivelato al Sinai. La riflessione pertanto si concentra sul binomio «terra e Parola» e sulle implicazioni relative alla santità nel tempo e nello spazio.
Il cristiano, che entra in rapporto con questa realtà attraverso l’ebraicità di Gesù di Nazaret, non può rapportarsi alla Terra di Israele a prescindere da questo: dalla «Parola del Padre» – che è il Dio di Israele – attraverso la «Parola del Figlio», percorrendo la «via» che Egli rappresenta senza tuttavia perdere di vista l’orizzonte ebraico in cui si colloca.
Una prospettiva che provoca, che rimette in discussione molte considerazioni tradizionali sui così detti «luoghi santi cristiani», e che apre nuovi interrogativi anche sul versante del dialogo e del rapporto fra Israele e l’umanità.