Le pagine di questo volume di Daniela Fabrizio hanno la densità tipica dei testi destinati ad approfondire con metodo storico-scientifico la conoscenza di determinati periodi o questioni storiche sulla base di meticolose ricerche negli archivi diplomatici ed ecclesiastici. Concentrando la sua indagine sulla seconda metà del Diciannovesimo secolo e la prima metà del Ventesimo, l'autrice ricostruisce la condotta e gli interessi dei governi europei in Terra Santa e in Medio Oriente e le loro interazioni con le gerarchie cattoliche locali e universali.
(g.s.) – Scrive nella sua prefazione a questo volume lo storico Sergio Romano: «Il Medio Oriente è materia di molti studi e ricerche, andatesi moltiplicando a seguito dei recenti avvenimenti che hanno scosso le opinioni pubbliche internazionali, destando inquietudini ma anche nuovi interessi di conoscenza. Tuttavia per parlare del Levante – e in particolare della Terra Promessa – non basta conoscere la politica estera della grandi potenze e avere familiarità con i loro archivi. Occorre un capitale di conoscenze religiose ed ecclesiastiche che non rientra generalmente nel bagaglio culturale degli storici, soprattutto in epoca di grandi specializzazioni. L’autrice di questo libro invece è perfettamente in grado di orientarsi in questo grande labirinto politico-religioso».
Le pagine di questo volume di Daniela Fabrizio, in effetti, non mirano alla divulgazione. I loro contenuti hanno la densità tipica dei testi destinati ad approfondire con metodo storico-scientifico la conoscenza di determinati periodi o questioni storiche sulla base di meticolose ricerche negli archivi diplomatici ed ecclesiastici. Concentrando la sua indagine sulla seconda metà del Diciannovesimo secolo e la prima metà del Ventesimo, l’autrice ricostruisce la condotta e gli interessi dei governi europei – in particolare, italiano, spagnolo, francese, russo e inglese – in Terra Santa e in Medio Oriente e le loro interazioni con l’azione delle gerarchie cattoliche locali (Custode di Terra Santa e patriarca latino di Gerusalemme) e universali (Santa Sede). Laddove si considera la posizione cattolica, espressa tanto a Roma quanto a Gerusalemme, a riguardo del sionismo, il testo raccoglie anche la testimonianza documentale di esponenti dell’ebraismo, come Chaim Weizmann, primo presidente di Israele.
Interessante è scoprire, da parte del lettore non cultore della materia, i riverberi della politica di potenza delle varie cancellerie europee sulle dinamiche interne alla comunità francescana della Custodia, caratterizzata dalla provenienza internazionale dei suoi frati. A questo aspetto si aggancia anche la politica della diplomazia italiana. Nell’impossibilità di competere sullo stesso piano con potenze come quella francese e britannica e le loro manovre nell’area, la scelta del neonato Regno d’Italia è di considerare proprio interesse strategico la tutela – anche in chiave anti-francese – di entità ecclesiastiche quali il patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia, entrambe assegnate alla guida di cittadini italiani ed intente – è il caso specifico delle scuole dirette dai francescani – a diffondere la conoscenza della lingua italiana.