È un fatterello accaduto a margine della quinta crociata, di nessun apparente peso sulla bilancia della Storia, eppure rappresenta uno dei momenti fondanti dell'odierna idea di missione della Chiesa: san Francesco va a Damietta, in Egitto, e incontra il sultano al-Malik al-Kamil per convertirlo. Costui, pur onorando e ascoltando il suo ospite, non si convince. San Francesco torna in Italia e la guerra prosegue. Sul significato da attribuire a quell'incontro un contributo interessante è offerto da questo libro del francescano Gwenolet Jeusset.
In fondo, è un fatterello accaduto a margine della quinta crociata, di nessun apparente peso sulla bilancia della Storia, eppure rappresenta uno dei momenti fondanti dell’odierna idea di missione della Chiesa: san Francesco va a Damietta in Egitto poco prima che la città cada in mano cristiana, passa tranquillamente tra due eserciti prossimi alla battaglia, incontra il sultano al-Malik al-Kamil per convertirlo; il sultano, pur onorando e ascoltando il suo ospite, così simile, sia «dentro» che «fuori», a un sufi, non si convince; san Francesco torna in Italia, la guerra prosegue.
Fatta eccezione per Giacomo da Vitry, che già nel 1220 racconta concisamente l’apparente fallimento della predicazione di Francesco, nei racconti posteriori, in testa quelli francescani, l’estemporaneità ideale e pragmatica dell’incontro viene ricondotta con creativa violenza ad esiti più accettabili, come un’improbabile conversione finale del Sultano, tanto repentina quanto nascosta; nel frattempo la retorica di ambo gli schieramenti continua a nutrire l’immagine del Dio in armi che sconfigge i miscredenti.
Rispetto al significato da attribuire a ciò che accadde tra Francesco e il nipote del Saladino, un contributo interessante e coraggioso è costituito da questo libro del francescano Gwenolet Jeusset, che ricorre copiosamente alle fonti relative all’evento pur senza elaborare un testo propriamente storiografico. La chiave di lettura dell’incontro di Damietta si trova nella stesura di un capitolo della Regula non bullata dettata dal santo nel 1221 (la Regola bullata, cioè approvata dal pontefice nel 1223, espunge il passo in questione): qui Francesco, fresco dell’esperienza con Al-Kamil, prescrive che i frati destinati alle terre degli infedeli «possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio (…)». Francesco percepisce gli uomini come fratelli in Cristo, e si mette al loro servizio. La predicazione e la conversione vengono dopo, se Dio vuole. I due passaggi non possono essere invertiti, il primo non può essere mai omesso.
Per Jeusset, che non teme di denunciare la fatica con cui, oltre alla Chiesa e all’Occidente, lo stesso Ordine francescano ha assimilato la lezione del suo fondatore, la ricostruzione critica dei fatti di Damietta e l’analisi disincantata della loro recezione successiva sono un tassello per comprendere le ragioni con cui la Chiesa ha agito recentemente (per esempio con alcune scelte rispetto all’ecumenismo di Papa Giovanni Paolo II) e come debba agire ogni operatore di pace in vista delle barriere costruite dagli uomini, oggi forse più forti che al tempo delle crociate.