Paolo ci scrive
La lettera è la voluta presenza di un… assente! Chi scrive vuol essere vicino al cuore di chi legge, come questi lo è al suo. È nello stesso tempo presenza debole e forte insieme, come il mezzo, tipicamente umano, con cui si esprime la parola. Presenta ldi una comunicazione che resta sempre lì di sponibile, senza però costringere alla risposta, che rimane pienamente libera.
Le lettere di Paolo sono dettate dalla necessità apostolica di essere presente per illuminare e incoraggiare, chiarire e correggere le comunità al di là del limite dello spazio e del tempo: sono il prolungamento della sua presenza, dei suoi sentimenti, della sua sollecitudine paterna-materna e della sua predicazione. Del resto la lettera è strumento più che idoneo alle esigenze della vita apostolica, necessariamente peregrinante, proiettata agli estremi confini della Terra. Lo scritto è sempre causato da circostanze precise che mettono in crisi un aspetto o l’altro della fede ed anche se determinate da circostanze particolari offrono un’ampia riflessione su problemi di fondo, di natura universale, alla cui luce le singole questioni trovano risposte adeguate.
Nel nostro caso, parliamo appunto di lettere scritte da un apostolo, un inviato dal Signore, che reca in sé la stessa autorevolezza di chi lo ha inviato. L’ascoltatore si trova quindi non solamente davanti a Paolo di Tarso, ma innanzitutto davanti a Colui che con la Sua Parola l’ha una volta e per sempre afferrato e conquistato!
Attraverso le lettere Paolo crea un’ampia rete di comunicazione e d’informazione, presupposti fondamentali per incrementare una comunione sempre più fraterna e «cattolica», che rompe i limiti angusti spazio-temporali. La comunione con l’apostolo opera comunione all’interno della Chiesa e delle varie Chiese tra di loro, perché comunione con Cristo, unico fondamento, il quale appunto ha designato gli apostoli «per essere con lui» (Mc 3,14), in modo che chi è con loro sia anche con lui, che è con tutti per sempre (Mt 1,23; 28,20).
Le lettere sono espressione della macrothymía (larghezza d’animo) e della sympátheia (simpatia) di Dio verso tutti gli uomini, di cui l’apostolo partecipa in prima persona. Chi scrive si apre all’altro e s’interessa di lui. In questo senso si può dire che tutta la Scrittura è una lettera, in cui Dio dichiara il suo amore per noi.
Le lettere non esigono risposta. Non abbiamo risposte alle missive paoline. La risposta la deduciamo dalla corretta applicazione di quanto la lettera suggerisce, ammonisce, corregge. I destinatari semplicemente accolgono e mettono in atto la Parola.
Ed ancora, le lettere sono scritte per rispondere a problemi particolari, in situazioni critiche e conflittuali. Sono puntualizzazioni su argomenti scottanti, controversi o ancora non ben noti. Solo conoscendo bene il contesto, possiamo comprenderne la portata e il significato. Se il Vangelo è Via, Verità, Vita per camminare, capire e amare, le lettere sono piuttosto un commento attualizzante del Vangelo, aiutano a comprenderlo e viverlo in alcune situazioni di particolari difficoltà. Nelle lettere è testimoniato l’impegno di come una comunità incarna, in un preciso contesto culturale, la propria fede. Quasi a dire che la Parola fatta carne vuole farsi carne in ogni ascoltatore anche quando incontra resistenze, «tenebre» e rifiuto.
(L’autrice è claustrale nel monastero Santa Chiara a Milano)