C'è chi li ha raffigurati sorridenti, a ricevere abbracci e fiori. E chi schierati in battaglia. Qualcuno ha ritratto scene realistiche, gli altri hanno giocato con l'arma propria dell'infanzia: la fantasia. Colori, simboli, sogni, violenza, ombre di guerra e immagini di pace: si trova un po' di tutto nella piccola esposizione inaugurata venerdì, 23 gennaio, all'ambasciata d'Italia a Beirut. 350 disegni e dipinti di bambini. E un solo tema: Soldati di pace. Ovvero: i militari della missione Unifil, schierati dall'Onu nel sud del Libano (al confine con Israele) dopo la fine dell'ultima guerra nel 2006.
C’è chi li ha raffigurati sorridenti, a ricevere abbracci e fiori. E chi schierati in battaglia. Qualcuno ha ritratto scene realistiche, gli altri hanno giocato con l’arma propria dell’infanzia: la fantasia.
Colori, simboli, sogni, violenza, ombre di guerra e immagini di pace: si trova un po’ di tutto nella piccola esposizione inaugurata venerdì, 23 gennaio, all’ambasciata d’Italia a Beirut. 350 disegni e dipinti di bambini. E un solo tema: Soldati di pace. Ovvero: i militari della missione Unifil, schierati dall’Onu nel Libano merdionale (al confine con Israele) dopo la fine dell’ultima guerra nel 2006.
Questo il tema scelto nel 2007 per l’annuale concorso di disegno indetto dal Fabriano Art Center nelle scuole del Paese. La mostra, organizzata dall’Istituto italiano di cultura in collaborazione con l’Italian-Lebanese Friendship Association, rimarrà aperta fino al 30 gennaio.
Scorrendo le pareti della sala esposizione, si ha un’idea di come i bambini vedano questi 13 mila soldati con l’elmetto blu.
Rayan, 6 anni, scuola di Ghazir: ha immaginato due soldati, uno dell’Onu e uno dell’esercito libanese, aggrappati a un giovane albero su cui sventolano le rispettive bandiere. Intorno, un mare di fiori rossi a forma di cuore.
George, 9 anni: ha disegnato l’Onu come una grande mano che si erge a difesa di un villaggio libanese e ferma i proiettili. Quasi fosse un intervento divino.
Yasmina, 8 anni, di Beirut: per lei i soldati di pace sono quelli libanesi. Li ha disegnati in primo piano, con i loro fucili, a ricevere fiori dai bambini. Alle spalle una bella scena rurale, che ricorda le colline del sud. E in mezzo ad alberi e fiori – come una normale componente del paesaggio – i carri armati, a fare la ronda.
Rami, 9 anni, di Tripoli, Libano settentrionale: nel suo lavoro i soldati di Israele sparano sulle truppe Unifil, coraggiosamente schierate a proteggere le colline libanesi. C’è un intenso scambio di fuoco. «Ma i soldati dell’Onu non dovrebbero sparare, sono soldati di pace…» obiettiamo. Rami liquida velocemente la questione: «Ma sono qui per difenderci, no?». Il padre sorride.
Il tema della pace e della guerra proposto ai bambini. Si fa in tutto il mondo. Ma in Libano negli ultimi trent’anni ogni generazione ha sperimentato un conflitto, più o meno direttamente. Dunque la questione diventa meno banale. E osservando i 350 disegni esposti, si notano due cose curiose. La prima: la precisione realistica dei dettagli. Carri armati, armi, filo spinato, come si schierano i soldati in battaglia… Non è per forza sintomo di tragedie nascoste.
Qualche domanda ai genitori conferma che molti di questi bambini non hanno visto direttamente bombe, pericolo o morte. Pochi di loro vengono dal sud. Ma la guerra l’hanno percepita: in frammenti di immagini, nelle tivù sempre accese, nei discorsi, nell’ansia mascherata con cui sono stati portati via in fretta, in una casa che fosse lontana dall’epicentro dell’ultimo conflitto. Quanto ai dettagli, li possono osservare ogni giorno: posti di blocco, soldati e blindati (dell’Onu e non) ci sono ancora.
La seconda cosa curiosa è che i bambini libanesi associano alla figura del soldato idee che si vorrebbero antitetiche: guerra e pace, aggressione e protezione.
Parliamo con Yasmina, 11 anni, di Beirut. Yasmina ha tirato una bella riga di matita che divide il suo disegno esattamente a metà. Divide a metà il soldato, che da una parte ride e dall’altra piange. E che in una mano ha un fiore e nell’altra il fucile. La scena è speculare ma opposta: a sinistra, fiori che ridono e farfalle in cielo. Un sole felice. A destra, fiori spezzati e piangenti ammassati a terra, con la bocca spalancata in un urlo. Una casa in fiamme. Il sole in lacrime. E in mezzo quel soldatino, diviso tra pace e guerra. «Volevo raccontare i due aspetti della vita di un soldato» spiega Yasmina, che non sa dirci la differenza tra un soldato libanese e uno dell’Onu. Per lei, il dilemma tocca entrambi.
I 13 mila caschi blu dell’Unifil sono, dal febbraio 2007, sotto il comando dell’Italia. Il tema del concorso – e questa esposizione – sono anche un modo per promuovere l’immagine di una missione Onu comunque benvoluta dai libanesi. E nello specifico quella dei soldati italiani, il contingente più numeroso.
Anche se colombe, cuori, ringraziamenti si ripetono in molti disegni, non mancano le raffigurazioni angosciose.
Il disegno di Amar, per esempio: semplice, a colori molto vivi. Raffigura un grande cedro e un occhio addolorato che piange sangue. Quel dolore scende in una ciotola, vicino alla scritta Onu. È superfluo, ma gli chiediamo chi è che piange così. E il perché della ciotola: «L’Unifil è in Libano da tanto tempo – risponde Amar senza giri di parole – e ha visto lacrime e sangue».
Anche il disegno del 15enne Michel – tra i premiati – fa pensare. Solo a matita, ritrae un Paese in macerie e un carro armato israeliano che avanza da sinistra. C’è un soldato dell’Onu che porta tra le braccia il corpo di una bambina. La bambina non ha più i piedi. E il soldato dell’Onu ha in testa il suo elmetto blu. Quell’elmetto e la bandiera israeliana sono le uniche note di colore di tutto il disegno.
Ma il più dolente di tutti, forse, è il dipinto di Joseph, 13 anni, anch’esso premiato: c’è il pugno dell’Onu che stringe nel sangue una rosa. La alza verso una croce, adornata da una corona spinata e dal cedro, simbolo del Libano. E viene da chiedersi quale sacrificio Joseph stia immaginando: se quello del suo Paese o quello dei soldati Unifil.