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L’anniversario trascurato

11/12/2008  |  Milano
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L’anniversario trascurato
Eleanor Roosevelt e il prof. René Cassin (alla sua sinistra), intervistati da un giornalista radiofonico francese nel giugno 1947. (foto Onu)

In questa rubrica spesso segnaliamo articoli tratti dalla stampa israeliana. Questa volta invece ci soffermiamo su un'assenza abbastanza clamorosa: ieri nessuno dei principali quotidiani on line di Gerusalemme e Tel Aviv (Haaretz, Yediot Ahronot, Jerusalem Post, Arutz Sheva) ricordava il 60.mo anniversario dell'approvazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Del resto non se ne parlava nemmeno sul sito Internet del ministero degli Esteri israeliano. C'è qualcosa di paradossale in questa grande rimozione collettiva. Perché la storia dice che il contributo del pensiero ebraico fu determinante nella formulazione della Dichiarazione universale.


In questa rubrica spesso segnaliamo articoli tratti dalla stampa israeliana. Questa volta invece ci soffermiamo su un’assenza abbastanza clamorosa: ieri nessuno dei principali quotidiani on line di Gerusalemme e Tel Aviv (Haaretz, Yediot Ahronot, Jerusalem Post, Arutz Sheva) ricordava il 60.mo anniversario dell’approvazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Del resto non se ne parlava nemmeno sul sito Internet del ministero degli Esteri israeliano. La rubrica «oggi nella storia» riportava gli anniversari dell’elezione di Ben Zvi come secondo presidente di Israele (56 anni fa), la consegna ad Agnon del premio Nobel per la letteratura (42 anni fa), la consegna del premio Nobel per la pace a Begin (30 anni fa e insieme a Sadat, ma questo sul sito non c’è scritto) e la consegna del premio Nobel per la pace a Rabin e Peres (14 anni fa insieme ad Arafat, ma neanche questo c’è scritto). Persino il sito dello Yad Vashem – il memoriale dell’Olocausto, che pure a Gerusalemme ricorda proprio quel dramma in risposta al quale la comunità internazionale elaborò la Dichiarazione dei diritti dell’uomo – ieri si concentrava su un convegno internazionale sul contributo degli ex deportati alla vita di Israele. Un fatto che non sorprende più di tanto: nel nuovo e indubbiamente bellissimo percorso espositivo inaugurato nel 2005 a Yad Vashem, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non c’è. Al termine del tunnel dell’orrore, l’unica risposta alla Shoah è la nascita dello Stato di Israele. Il documento approvato 60 anni fa all’Onu fa parte di un’altra storia.

Per trovare qualcuno che ieri in Israele ricordasse che il 10 dicembre 1948 venne approvata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo bisognava cliccare sul sito di B’Tselem, l’organizzazione che della difesa dei diritti umani nei Territori palestinesi ha fatto la sua bandiera. Ieri il suo messaggio era «universale»: un video di un minuto e mezzo in ebraico – sottotitolato in inglese, con immagini di Nelson Mandela, piazza Tienammen, i monaci birmani, il Darfur – per ricordare i contenuti della Dichiarazione e spiegare come il cammino per la loro applicazione nel mondo sia ancora lungo. Niente riferimenti ai palestinesi, niente prese di posizione sull’«occupazione». Un testo, dunque, condivisibile da ogni israeliano, di destra come di sinistra. Eppure solo B’Tselem ieri ha avuto il coraggio di pubblicarlo.

C’è qualcosa di paradossale in questa grande rimozione collettiva. Perché la storia dice che il contributo del pensiero ebraico fu determinante nella formulazione della Dichiarazione universale. In occasione del 60.mo, l’Onu ieri ha messo on line un nuovo sito che riporta tutta la documentazione sul processo di elaborazione della carta. E da questo materiale risulta chiaro il ruolo importantissimo svolto all’interno della commissione presieduta da Eleonore Roosvelt dal giurista francese René Cassin, ebreo, premio Nobel per la pace, che considerava l’impegno per i diritti umani la risposta più forte alla Shoah. Sempre ieri – sul suo sito Internet – l’American Jewish Committee rivendicava con orgoglio il sostegno dato nel 1948 all’approvazione della Carta. Certo, con franchezza questo organismo ebraico nel suo comunicato cita anche le ambiguità di certe interpretazioni dei diritti umani. Se la prende con le «condanne a senso unico» nei confronti di Israele. Ma è la critica di chi sente comunque sua questa battaglia. Niente di tutto questo, invece, abbiamo letto ieri sui siti israeliani. L’unico accenno è comparso in serata, quando in occasione della cerimonia commemorativa all’Onu il presidente dell’Assemblea Miguel d’Escoto Brockmann ha cercato di bloccare l’intervento dell’ambasciatrice israeliana Gabriela Shalev per non «turbare» gli equilibri con gli arabi. Notizia grave, ovviamente, e sdegno sacrosanto. Ma stiamo parlando di un dibattito a New York e siamo sempre sul piano della battaglia politica tra «noi» e «loro». Niente invece sui contenuti della Dichiarazione e sulla loro attualità per la coscienza pubblica israeliana.

Si cita spesso lo spettro della distruzione di Israele. Ed è una minaccia di fronte alla quale il mondo non può restare indifferente. Ma un pezzo di Israele scompare anche ogni volta che questo grande Paese si dimentica l’universalismo che ha attraversato da sempre la cultura ebraica. Ogni volta che  non sente più sue figure come l’ebreo René Cassin.

Clicca qui per vedere il video di B’Tselem

Clicca qui per leggere il profilo di René Cassin sul sito dell’Onu

Clicca qui per leggere il comunicato dell’American Jewish Committee

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