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Eugenio Pacelli, l’uomo e il pontefice

15/12/2008  |  Roma
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Eugenio Pacelli, l’uomo e il pontefice
Pio XII nel suo studio, assistito da mons. Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI.

C'è tempo fino al 6 gennaio 2009 per visitare la mostra Pio XII. L'uomo e il Pontificato (1876-1958) ospitata nel Braccio di Carlo Magno di piazza San Pietro, in Vaticano. Attraverso foto d'epoca, documenti anche inediti, oggetti personali e opere d'arte, viene ripercorsa l'intera vita di Eugenio Pacelli-Pio XII, dall'infanzia e il periodo della formazione, all'ordinazione sacerdotale e l'entrata al servizio della Santa Sede che lo vedrà nunzio apostolico a Monaco di Baviera e Berlino e segretario di Stato, fino all'elezione al soglio di Pietro, nel 1939, per un pontificato lungo 19 anni.


C’è tempo fino al 6 gennaio 2009 per visitare la mostra Pio XII. L’uomo e il Pontificato (1876-1958) ospitata nel Braccio di Carlo Magno di piazza San Pietro, in Vaticano.

Attraverso foto d’epoca, documenti anche inediti, oggetti personali e opere d’arte, viene ripercorsa l’intera vita di Eugenio Pacelli-Pio XII, dall’infanzia e il periodo della formazione, all’ordinazione sacerdotale e l’entrata al servizio della Santa Sede che lo vedrà nunzio apostolico a Monaco di Baviera e Berlino e segretario di Stato, fino all’elezione al soglio di Pietro per un pontificato lungo 19 anni.

La mostra, organizzata dal Pontificio comitato di Scienze storiche in occasione dei cinquant’anni dalla morte di Pio XII, si propone di presentare la figura del Pontefice «cercando di andare al di là dell’immagine ufficiale per far conoscere accanto al pastore, al diplomatico, al Papa, anche l’uomo». Per questo tra gli oggetti personali si trovano, ad esempio, delle buste all’interno delle quali il Papa riceveva quotidianamente l’elenco delle udienze e che era solito riutilizzare per prendere appunti, tanto che sul retro di una di queste scrisse il suo testamento. Testimonianza, insieme a scarpe e indumenti lisi, di una grande sobrietà di vita che lo aveva indotto, durante la seconda guerra mondiale, a rinunciare al caffè e al riscaldamento nel suo appartamento per essere vicino alle sofferenze dei concittadini.

La mostra non nasconde l’intento di ristabilire la verità storica sull’azione di Papa Pacelli durante la seconda guerra mondiale e sui rapporti con la Germania nazista, oggetto di accese polemiche anche recenti. Una larga sezione documenta gli interventi in difesa della pace, sia prima dello scoppio del conflitto che nei radiomessaggi natalizi successivi, e l’opera dispiegata dal Vaticano durante la guerra a favore di ebrei, perseguitati politici, sfollati, prigionieri di guerra e per il salvataggio delle opere d’arte (per oltre un anno, spiegano le didascalie, rimase concentrata al sicuro in Vaticano quasi la metà del patrimonio storico-artistico dello Stato italiano).

«Il 16 ottobre del 1943 – afferma Matteo Luigi Napolitano, docente presso l’Università del Molise e membro del comitato scientifico della mostra – in occasione della razzia ordinata da Kappler contro gli ebrei romani, dei circa 9.600 ebrei che si trovano in quel momento in città (secondo una stima del console israeliano Pinchas Lapide), 8.500 trovano rifugio in conventi, case religiose, università pontificie e negli stessi appartamenti papali. Sono gli archivi sionisti di Gerusalemme e quelli di Yad Vashem a documentare l’efficacia di quest’opera del Vaticano, confermata da altri archivi di istituzioni e case religiose, come il monastero dei Santi Quattro Coronati o il Pontificio Istituto Biblico a Roma. Quando nel giugno del 1944 la città viene liberata dagli Alleati, Pio XII è oggetto di unanime gratitudine da parte della popolazione civile e degli stessi ebrei».

Gli interventi del Papa non si limitano all’aspetto caritativo, osserva Napolitano: «Scoppiata la guerra, la prima enciclica di Pio XII Summi Pontificatus del 20 ottobre del 1939, è un messaggio di solidarietà alla Polonia invasa e spartita tra Germania e Unione Sovietica. Anche la Germania nazista interpretò l’enciclica come una chiara critica all’aggressione alla Polonia». D’altra parte, la stessa elezione al soglio pontificio di Pacelli, diplomatico molto conosciuto e segretario di Stato di Pio XI, avvenuta pochi mesi prima della guerra, il 2 marzo del 1939, era stata «giudicata positivamente dalla gran parte delle potenze democratiche e criticata – come si apprende dagli archivi diplomatici – dal governo nazista e da quello fascista».

Mentre il conflitto prosegue, spiega il docente del Molise, «la coalizione anti-hitleriana considera il Vaticano un fidato interlocutore delle democrazie. Lo testimonia il rapporto – evidenziato nella mostra – tra Pio XII e Myron Taylor, nominato dal presidente americano Roosvelt suo rappresentante personale presso il Papa dalla fine del 1939». Ben altra atmosfera quella tra il Papa e i rappresentanti dell’Asse: «L’11 marzo del 1940, il ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop è ricevuto in udienza da Pio XII che gli chiede di consentire la partenza per la Polonia di un uditore della nunziatura di Berlino. Il Papa «non spera molto» in questo incontro e auspica che «non sia sfruttato dalla malafede tedesca e produca buoni frutti».

Napolitano conclude: «Senza entrare nel merito della beatificazione di Pio XII, dal punto di vista storico occorre guardare le carte e lasciarle parlare. Una consistente quantità di documentazione, italiana ed estera, oltre ai 12 volumi già editi dal Vaticano, consente di attestare con pacatezza l’opera di pace svolta da Pio XII. Pretendere che Hitler, Mussolini e Stalin, dal canto loro, prestassero improvvisamente ascolto alla parola del Papa, è un errore di prospettiva in cui incorrono ancora oggi non solo i polemisti ma anche alcuni storici di mestiere».

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