Il primo seminario del Forum cattolico-islamico a Roma la scorsa settimana. Ora l'incontro al Palazzo di Vetro a New York, promosso dall'Arabia Saudita. È sempre più evidente come nel mondo arabo il tema del rapporto con i cristiani stia diventando un grande nodo politico, oltre che una questione sociale. Ma anche che alcuni governi arabi gareggino nel prendere l'iniziativa. Lo testimoniano alcuni articoli usciti in questi giorni.
Il primo seminario del Forum cattolico-islamico a Roma la scorsa settimana. Ora l’incontro al Palazzo di Vetro a New York, promosso dall’Arabia Saudita. È sempre più evidente come nel mondo arabo il tema del rapporto con i cristiani stia diventando un grande nodo politico, oltre che una questione sociale. Lo testimoniano alcuni articoli usciti in questi giorni.
Partiamo dall’incontro di Roma, nato sull’onda della lettera aperta A Common Word, scritta nell’ottobre 2007 da 138 saggi musulmani. Come è noto si tratta di un’iniziativa sponsorizzata dalla casa reale giordana, anche se fra i firmatari figurano intellettuali e imam di ben 47 Paesi. Dell’incontro di Roma e delle parole rivolte dal Papa alla delegazione islamica hanno dato notizia praticamente tutti i giornali del mondo musulmano. Nessuno però ha pubblicato il testo della dichiarazione congiunta, stilata dalle due delegazioni al termine dei lavori. Per trovarla bisogna andare sul sito ufficiale dell’iniziativa www.acommonword.com (o su quello della Santa Sede). Un riferimento chiaro a uno dei temi cruciali – quello della libertà religiosa – è comparso però almeno sul quotidiano libanese The Daily Star. Grazie a un articolo di un personaggio di solito accusato di ambiguità come Tariq Ramadan. L’articolo in questione – in sostanza – è lo stesso apparso anche in Europa prima dell’incontro. Lette in Medio Oriente, però, certe parole hanno un significato un po’ diverso: «Abbiamo il dovere di assumerci ciascuno le proprie responsabilità – scrive Ramadan – e di impegnarci per un mondo più giusto, nel pieno rispetto del credo e delle libertà di tutti. Ed è essenziale anche parlare di libertà di coscienza, di luoghi di culto, e della questione della reciprocità: tutti nodi che possiamo sciogliere, se li affrontiamo in un clima di fiducia e rispetto reciproco».
La vera «concorrenza» – per quelli di A Common Word – è però soprattutto interna. È davvero difficile, infatti, pensare a un semplice caso constatando che esattamente una settimana dopo l’incontro di Roma l’Arabia Saudita ha promosso all’Onu un mega-incontro sul dialogo tra le religioni, sulla scia della conferenza tenuta a Madrid in luglio. Aggiungiamoci il fatto che a Roma il rappresentante saudita che doveva far parte della delegazione musulmana non è arrivato (ufficialmente per motivi di salute). E che, per l’ennesima volta, l’Abdallah saudita ha ignorato nel suo discorso all’Onu l’iniziativa sponsorizzata dall’Abdallah giordano. Il risultato è chiaro: tra Ryiad e Amman è in corso una gara ad accreditarsi come capofila dell’islam che dialoga con il mondo cristiano. Che questa sia più di una sensazione nel mondo arabo emerge chiaramente dal titolo dell’articolo con cui Gulf News oggi commentava il meeting promosso dai sauditi: «Serve un coordinamento nelle iniziative del dialogo interreligioso». L’articolo la prende un po’ alla larga. E alla fine – per non saper né leggere né scrivere – se la prende con l’assedio israeliano a Gaza, che mette sempre d’accordo tutti. Però il disagio appare chiaro.
Al di là dei giochi intricati della politica araba, l’impressione comunque è che – dopo tutto quello che è successo in questi ultimi anni – in molti in Medio Oriente avvertano il tema del rapporto con i cristiani come una questione sempre più cruciale. Un altro segnale interessante è l’articolo che il settimanale egiziano Al Ahram Weekly ha dedicato al calvario dei cristiani di Mosul, in Iraq. Un articolo in cui si ricorda quanto la loro sia una comunità radicata nel Paese. E come anche tra i musulmani locali in tanti non sappiano spiegarsi la durissima persecuzione in corso contro i cristiani. Un modo per ricordare a tutti che il dialogo non è fatto solo di parole.
Clicca qui per leggere l’articolo di Tariq Ramadan pubblicato da The Daily Star
Clicca qui per leggere l’articolo di Gulf News
Clicca qui per leggere l’articolo di Al Ahram Weekly