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Dialogo sull’orlo delle crisi

17/11/2008  |  Nicosia
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Il dialogo, come sempre, ricorre frequente nel corposo programma degli incontri internazionali Uomini e Religioni, organizzati dalla Comunità di Sant'Egidio. Neanche l'edizione di quest'anno, in corso a Cipro, fa eccezione. Il dialogo, però, è intimamente legato - forse più che in altre edizioni del meeting internazionale di Sant'Egidio - al poderoso elenco di crisi antiche, nuove, rinnovate che stanno mettendo a dura prova anche la stessa capacità di guardare all'altro.



Il dialogo, come sempre, ricorre frequente nel corposo programma degli incontri internazionali Uomini e Religioni, organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio. Neanche l’edizione di quest’anno, in corso a Cipro, fa eccezione. «Dialogo tra fedi e culture», o anche «fedi e culture in dialogo nella civiltà della pace», e poi «dialogo per la pace tra israeliani e palestinesi», l’«inevitabile dialogo tra ebrei e cristiani»: sono poche citazioni da un elenco di 22 panel spalmati su due giornate (intense) di lavori a Nicosia. Il dialogo, però, è intimamente legato – forse più che in altre edizioni del meeting internazionale di Sant’Egidio – al poderoso elenco di crisi antiche, nuove, rinnovate che stanno mettendo a dura prova non solo il dialogo, ma anche la stessa capacità di guardare all’altro.

L’analisi delle crisi parte dallo stesso luogo in cui si svolgono gli incontri internazionali. La Nicosia di un muro che ancora esiste e ancora taglia la città, ma nel quale una breccia è stata comunque aperta. Il presidente della Repubblica di Cipro (parte greca), Dimitris Christofias, non ha edulcorato i problemi che esistono nell’isola, quando ha partecipato – ieri pomeriggio – alla cerimonia di apertura dei lavori. Ma ha anche utilizzato il palcoscenico di Sant’Egidio per rilanciare il negoziato con le autorità turco-cipriote, e per chiedere una «soluzione in cui lo Stato unitario si evolverà in uno Stato federale con: una sovranità indivisa, una sola personalità internazionale, una sola nazionalità e l’eguaglianza politica».

Dalla Cipro divisa al Mediterraneo frammentato in cui, secondo uno dei panel della prima giornata di lavori, la «sfida» è quella della stessa «coesistenza», in aperta discontinuità con la storia millenaria del Mare Nostrum. E alla fonte della coesistenza è la questione centrale del rapporto con colui che definiamo «straniero». Ci sono due alternative nella relazione con l’altro, dice provocatoriamente il sommario di un altro seminario: la xenofobia oppure il suo esatto contrario, la filoxenia. Sono crisi, se si vuole, ancor più profonde, ancor più dilanianti di conflitti nazionali e regionali sanguinosi come quelli del Medio Oriente, che nel 22mo Uomini e Religioni ricevono ancora un’attenzione privilegiata: il Libano, il conflitto israelo-palestinese, l’Iraq, con la compresenza di personalità religiose e di altre strettamente politiche.

Non c’è dubbio, comunque, che il tema della libertà religiosa, del rapporto a volte non semplice, nella pratica quotidiana, tra esponenti di fedi e denominazioni differenti in diversi quadranti regionali risalta, più di altri, nella proposta della Comunità di Sant’Egidio, quest’anno. Le relazioni «complesse e dalle diverse facce» tra islam e cristianesimo, quelle tra ebraismo e cristianesimo, sino ai temi più scottanti degli ultimi mesi e degli anni più recenti: i cristiani e la violenza nel mondo, i martiri cristiani del XX secolo.

Il luogo dell’incontro, però, dice anche altro, ed è qualcosa che riguarda direttamente il cortile di casa, l’ecumenismo e l’unità dei cristiani. L’invito che l’anno scorso, a Napoli, aveva lanciato Crisostomo II, arcivescovo di Cipro, dice ancora una volta quanto il dialogo con le Chiese ortodosse sia uno degli impegni ormai inderogabili per la comunità nata a Trastevere 40 anni fa, che sta gettando l’ennesimo seme verso il Mediterraneo e i Balcani. L’anno prossimo, a Cracovia, si andrà – almeno geograficamente – più vicini a Mosca. L’arcivescovo Stanislaw Dziwisz ha invitato Uomini e Religioni nella città cara a Giovanni Paolo II, in corrispondenza con due anniversari, il settantesimo anniversario dell’inizio della seconda guerra mondiale e il ventesimo della caduta del Muro di Berlino.

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