L'effetto domino della crisi finanziaria internazionale, e gli ostacoli alla circolazione imposti dallo Stato di Israele, mettono in serio pericolo la rinascita dell'economia palestinese. A denunciarlo è la Banca Mondiale, che in questi giorni ha inviato una delegazione in visita a progetti economici finanziati nella striscia di Gaza. Un anno fa la comunità internazionale, riunita a Parigi per la Conferenza dei donatori per i territori della Palestina, manifestò l'intento di sostenere l'economia palestinese con donazioni per 7,7 miliardi di dollari, da stanziare entro il 2010. Intanto, sul terreno, torna a crescere la tensione nella Striscia di Gaza. E la tregua raggiunta cinque mesi fa tra Israele e Hamas potrebbe venir meno.
(c.g./g.s.) – L’effetto domino della crisi finanziaria internazionale, e gli ostacoli alla circolazione imposti dallo Stato di Israele, mettono in serio pericolo la rinascita dell’economia palestinese. A denunciarlo è la Banca Mondiale, che in questi giorni ha inviato una delegazione in visita a progetti economici finanziati nella striscia di Gaza. Un anno fa la comunità internazionale, riunita a Parigi per la Conferenza dei donatori per i territori della Palestina, manifestò l’intento di sostenere l’economia palestinese con donazioni per 7,7 miliardi di dollari, da stanziare entro il 2010. Oggi però aumenta la preoccupazione che l’attuale contesto finanziario finisca per inficiare, nei prossimi mesi, le promesse d’aiuto dei donatori internazionali: «Penso che oggi sarà più difficile fare in modo che i fondi stanziati vengano erogati in tempo», ha sostenuto all’inizio di novembre, nel corso di una visita di lavoro a Gaza, Daniela Gressani, vice-presidente della Banca Mondiale per il Medio Oriente e il Nord Africa.
«L’economia palestinese ha un incredibile potenziale – ha aggiunto David Craig, responsabile della Banca Mondiale per Gaza e i Territori palestinesi -; è come una molla pronta a scattare. Ma dal 2000 il sistema si è indebolito del 30 per cento. In questo contesto, una cosa che potrebbe davvero aiutare è un progressivo allentamento delle restrizioni di accesso e movimento imposte da Israele». «Gli investimenti in Palestina sono la chiave per creare posti di lavoro e diminuire la disoccupazione – ha confermato la Gressani – ma le restrizioni ai movimenti nell’area, provocate dalla preoccupazione per la sicurezza di Israele, rappresentano un ostacolo grave agli investimenti».
«Speriamo di convincere gli israeliani, anche grazie alla pressione internazionale, a smantellare questo regime di segregazione che non ha ragione di esistere, visto il miglioramento delle condizioni di sicurezza ormai consolidato da mesi nell’area», ha affermato Samir Abdullah, ministro della Pianificazione economica dell’Autorità Palestinese.
Intanto sul terreno si registra un nuovo acuirsi della tensione tra Israele e palestinesi della Striscia di Gaza, al punto che potrebbe entrare in crisi la tregua raggiunta cinque mesi fa. Da alcuni giorni le forze armate israeliane hanno ripreso azioni mirate contro presunti combattenti di Hamas. Mercoledì ne sono stati uccisi quattro. Dalla Striscia è quindi ripreso, a mo’ di rappresaglia, il lancio di razzi su Sderot, centro urbano nel deserto del Negev, e Ashkelon, sulla costa. A sua volta Israele ha risposto sigillando nuovamente i valichi che consentono l’accesso via terra delle merci nella Striscia. Gli uffici locali dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai profughi palestinesi, dichiarano di aver esaurito gli approvvigionamenti e di non essere ormai quasi più in grado di distribuire aiuti. Per la popolazione torna minaccioso lo spettro della fame.