Uno sprint contro il diabete
Sulla via Dolorosa, a Gerusalemme, la bici proprio non va: solo scalini di pietra. Ma percorrendola, giù dalla sella, ho percepito con stupore che di lì è passato Cristo». Mauro Talini, 35 anni, ciclista di Viareggio, è un pellegrino del tutto speciale. Nella primavera 2008 ha percorso in 40 giorni i 4.800 chilometri che separano la sua casa in Toscana dalle mura di Gerusalemme: passando il confine vicino a Trieste, ha attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Siria e Giordania, prima di entrare in Israele. Tutto su due ruote, in solitaria. Un’impresa che ha dell’incredibile soprattutto se si pensa che Mauro è diabetico da quando aveva 11 anni e vive ogni giorno il delicato equilibrio di un’esistenza insulino-dipendente. «Da ragazzo ho fatto fatica ad accettare la malattia – racconta Mauro -. Non controllavo i valori, avevo una vita disordinata. Quando mi hanno diagnosticato il diabete correvo in una squadra agonistica e i dottori mi consigliarono di smettere. Io però non ho mai davvero smesso di pedalare».
All’inizio Mauro inforca le due ruote solo per piccoli giri in Toscana, abitato dal rimpianto di una vita sportiva negata dal diabete. «Avevo sempre l’impressione di essere segnato da un costante limite – spiega -. Poi un po’ alla volta, grazie alla bicicletta, le cose sono cambiate».
La svolta arriva nel 2002. Mauro decide di fare un giro in solitaria di tre giorni sull’Argentario. Dal punto di vista medico un’impresa rischiosa; ma il gusto della sfida prevale sull’apparente buon senso: «Fu entusiasmante – racconta oggi – soprattutto perché avevo superato un limite imposto dal diabete e capivo che potevo fare di meglio». Così organizza un giro in solitaria di sette giorni, in Italia Centrale, con tappa a Loreto. «Non lo feci sapere a nessuno; volevo che fosse una sfida con me stesso. Il giro fu fantastico. E a quel punto decisi di coinvolgere le associazioni che si occupano di diabete, per dare coraggio agli altri; per dire che noi possiamo avere una vita normale».
Dal viaggio verso Gerusalemme Mauro porta a casa un bagaglio di ricordi unici. «Il Paese più accogliente? La Turchia: in ogni villaggio capannelli di persone che mi offrivano il tè e mi aiutavano a cercare un albergo; poco dopo Tarso, la città di san Paolo, ho avuto problemi con la bicicletta: due ragazzi si sono fermati e mi hanno accompagnato al meccanico più vicino».
Pochi i momenti di vera difficoltà: «La situazione più brutta l’ho trovata tra Croazia e Bosnia, poco prima di Medjugorie – racconta -: diluviava come non mai e io dovevo affrontare una salita impegnativa. Nonostante tutto sono salito tranquillamente. Ero nella condizione mentale di non disperare e non ho avuto paura anche se ne avrei avuto motivo…».
Tra gli incontri più graditi quello di un ciclista di Sassuolo che lo ha raggiunto sul percorso portandogli una nuova scorta di insulina, per lui vitale. E poi la Terra Santa: il Santo Sepolcro e la Natività, l’accoglienza delle suore di Tarso, la Casa Nova di Betlemme, ma anche l’iniziale diffidenza di due soldatesse israeliane ad un posto di blocco, sciolta con un semplice saluto disarmato, rigorosamente su due ruote.