La Chiesa cattolica farebbe bene a istituire in Israele una «diocesi personale» per i cattolici di espressione ebraica. Lo ha sostenuto, il 27 settembre scorso a Washington, il francescano David-Maria A. Jaeger in un discorso tenuto presso la sede dell'Università cattolica nella capitale statunitense. Il religioso si dice convinto che la presenza, all'interno della maggioranza ebreofona in Israele, di un «soggetto ecclesiale specificamente distinto» sarebbe di grande utilità. Per una serie di buone ragioni...
(j.l.) – La Chiesa cattolica farebbe bene ad avere una «diocesi personale» per i cattolici di espressione ebraica in Israele, ha sostenuto il francescano David-Maria A. Jaeger nel suo discorso tenuto il 27 settembre, presso la sede dell’Università cattolica nella capitale statunitense. Il religioso, che ha esordito precisando di parlare puramente nella qualità «strettamente personale» di «credente e sacerdote cattolico, membro del popolo ebraico, nato in Israele, di madre lingua ebraica», ha esposto la sua convinzione che la presenza, all’interno della maggioranza ebreofona in Israele, di un «soggetto ecclesiale specificamente distinto» – come del resto accade in tutte le nazioni libere – sarebbe utile, non soltanto agli stessi fedeli ebreofoni, ma anche alla nazione, che non riesce attualmente a «sentire» la Chiesa nella propria lingua nazionale, e ai fedeli delle circoscrizioni vicine, di espressione araba, che cosi avrebbero fratelli-nella-fede all’interno della maggioranza dominante.
Padre Jaeger ha aggiunto che si dovrebbe trattare di una «Chiesa particolare normale», così come se ne trovano in tutti i Paesi, scongiurando «pie fantasie» e «misticismi vari». A Terrasanta.net, il teologo ha poi spiegato di non vedere di buon occhio il collegamento di tale progetto «eminentemente e puramente pastorale» con teorie e speculazioni «poetiche» sulla «vocazione di Israele» o simili, che del resto rischerebbero di sconfinare nel politico. «Una Chiesa particolare, una diocesi», dice padre Jaeger, «non può essere espressione o veicolo di un’ideologia».
La mancanza di un «soggetto ecclesiale» distinto, ha precisato il religioso, si nota specialmente in relazione alla «conversazione nazionale» in Israele, quando non c’è una voce autentica della Chiesa che intervenga apertamente nella discussione pubblica su temi, eticamente sensibili o altri, che interessino la nazione e la generalità dei cittadini, come la vita e la morte, i diritti dei lavoratori, la libertà dell’impresa e così via. «Non ci sarebbe nessun ostacolo in Israele perché ciò avvenisse» ha osservato Jaeger. Solo un «soggetto ecclesiale» veramente «impiantato nel suolo della vita nazionale ebreofona in Israele» potrebbe essere sufficientemente interessato alla vita della nazione ebraica in Israele, e in grado di diventare un normale partecipante a una conversazione pluralista».