La finanza araba sta attraversando «immune» la crisi che scuote le borse di tutto il mondo? Parrebbe di no, considerando che l'8 ottobre, per il terzo giorno consecutivo, si è registrata una caduta di diversi punti percentuali su tutti i mercati finanziari arabi. Segno della crisi di fiducia che colpisce anche gli investitori arabi. La condizione di relativa tranquillità che gode la finanza della penisola arabica sarebbe però concreta e dipenderebbe da almeno due macro-fattori: le enormi riserve di liquidità derivanti dalla vendita del greggio; la matrice «islamica» di molte banche, assicurazioni, società finanziarie locali.
(c.g.) – La finanza araba sta attraversando «immune» la crisi che scuote le borse di tutto il mondo? Parrebbe di no, considerando che l’8 ottobre, per il terzo giorno consecutivo, si è registrata una caduta di diversi punti percentuali su tutti i mercati finanziari arabi: il Dubai Financial Market General Index l’8 ottobre ha perso l’8,8 per cento; lo stesso giorno l’Abu Dhabi Securities Exchange General Index il 5,1 per cento e la Borsa del Kuwait, il 2,5. Segno della crisi di fiducia che colpisce anche gli investitori arabi. Per tamponare la situazione i tre maggiori istituti finanziari dell’Arabia Saudita, Al Rajhi Bank, Samba Financial Group e Riyadh Bank, il 7 ottobre hanno tranquillizzato i propri clienti dichiarando di non essere esposte in nessun modo nel mercato internazionale dei mutui. E il governatore della Banca Centrale dell’Arabia Saudita, Hamad Saud al-Sayari, ha affermato che le banche del Paese non sono colpite dalla crisi internazionale perché provviste di grandi riserve di liquidità. Se necessario, ha aggiunto, la Banca Centrale provvederà a rifornire di liquidità le banche in necessità.
La condizione di relativa tranquillità che gode la finanza della penisola arabica sarebbe però concreta e dipenderebbe da almeno due macro-fattori: il primo è che parte alle enormi riserve di liquidità garantite del mondo finanziario arabo è costituito dagli introiti della vendita del greggio. Dal 2002 al 2007 il tasso percentuale annuale di crescita di liquidità proveniente dalla vendita del petrolio è stato in media del 19 per cento. Ma solo nel 2006-2007 è stato del 31 per cento. Nel 2010 si prevede che la liquidità arrivi a toccare la cifra record di 310 miliardi di dollari (nel 2007 sono stati «solo» 186), immaginando un costo medio del petrolio intorno ai 100 dollari a barile.
Il secondo fattore di tranquillità, secondo molti esperti, è dato dalla matrice «islamica» di molte banche, assicurazioni, società finanziarie locali. L’osservanza dei precetti del Corano, infatti, dovrebbe essere un «antidoto» efficace contro eccessivi rischi speculatori: i precetti religiosi vietano infatti investimenti in settori particolarmente rischiosi o in attività economiche che non godano di buona salute e con bilanci troppo esposti.