Come vive una famiglia nel cuore di un conflitto? Quanto la mancanza della pace in Medio Oriente influenza anche le situazioni e le scelte più intime? Due articoli diversi usciti in questi giorni sui quotidiani israeliani pongono all'attenzione due questioni assolutamente quotidiane: il prezzo delle case e il numero dei figli. Partiamo dalle case: Haaretz rilancia un rapporto della Banca Mondiale sull'andamento del mercato degli immobili nei Territori palestinesi. Di figli, e di bonus bebè si parla invece in Israele. Ne riferisce il Jerusalem Post.
Come vive una famiglia nel cuore di un conflitto? Quanto la mancanza della pace in Medio Oriente influenza anche le situazioni e le scelte più intime? Due articoli diversi usciti in questi giorni sui quotidiani israeliani pongono all’attenzione due questioni assolutamente quotidiane: il prezzo delle case e il numero dei figli.
Partiamo dalle case: Haaretz rilancia infatti un rapporto della Banca Mondiale sull’andamento del mercato degli immobili nei Territori palestinesi. Un documento che descrive una vera e propria impennata. Nel centro delle città – spiega – gli edifici dal 2005 a oggi hanno raddoppiato ogni anno il loro valore. E attualmente siamo arrivati a 4.000 dollari per metro quadro. Ma si tratta solo del dato più appariscente di un fenomeno che riguarda tutti gli immobili.
Quattromila dollari al metro quadro è una cifra che fa concorrenza alle nostre città. Solo che questo valore non è legato a un superattico, ma a un negozietto o a un appartamento di una città non proprio rinascimentale come è la Ramallah di oggi. E il reddito di una famiglia palestinese evidentemente non è quello di una famiglia italiana. Quanto dunque sia diventato difficile trovare casa o avviare una nuova attività commerciale è facilmente intuibile.
Il rapporto della Banca Mondiale è molto chiaro nell’indicare la causa di questa impennata dei prezzi: per garantire la sicurezza dei coloni Israele ha aumentato in questi ultimi anni in Cisgiordania i terreni e le strade che sono state dichiarate «off limits» per i palestinesi. Oggi – sostiene sempre il rapporto – il 90 per cento della popolazione palestinese è costretto a vivere nel 41 per cento del territorio. E questa situazione di sovraffollamento ha creato uno squilibrio pesante tra la domanda di case e l’offerta (perché quel 41 per cento della Cisgiordania ormai è saturo è non è praticamente possibile costruire nuove case). A complicare le cose, poi, ci si è messa anche la debolezza del dollaro e del dinaro giordano. Con la conseguenza che i palestinesi della diaspora, anziché mandare valuta, sempre di più investono in immobili, facendo così ulteriormente salire i prezzi. La conclusione della Banca Mondiale è altrettanto univoca: l’unico modo per fermare questa spirale perversa è arrivare alla pace.
Dall’altra parte della barricata, in Israele, tiene intanto banco il dibattito sul nuovo governo che Tzipi Livni sta cercando di formare. Il nodo ancora da sciogliere è l’accordo con lo Shas, il partito dei sefarditi. Che – tra le sue richieste – ha avanzato quella di ritornare al vecchio sistema del bonus bebé, che fino al 2003 premiava le famiglie molto numerose. Se per il primo figlio infatti l’assegno era di 171 shekel al mese (34,5 euro), per i successivi cresceva arrivando fino a quota 856 shekel (173 euro) dal quinto in poi. Attualmente invece il bonus è di 144 shekel (29 euro) per ogni figlio. Contro la richiesta di tornare al vecchio sistema si schiera apertamente Evelyn Gordon sul Jerusalem Post. Una famiglia con sei figli – sostiene – riceverebbe 3.091 shekel al mese (625 euro), più o meno quanto uno stipendio minimo. Ma la parte più interessante è l’argomento principale utilizzato dalla Gordon per motivare la sua contrarietà: così infatti – sostiene – non si favoriscono solo i religiosi (gli haredim), ma anche gli arabi israeliani, che hanno tassi di natalità molto alti. E questo – sostiene sempre l’articolo del Jerusalem Post – è contro la ragion d’essere di Kadima che – proprio sulla questione di salvaguardare l’ «equilibrio demografico» e una forte maggioranza ebraica in Israele – nel 2005 ha motivato il ritiro da Gaza. Dunque il bonus bebé in versione Shas è una minaccia alla sicurezza di Israele.
Una casa da comprare e un figlio da mettere al mondo: sono i due fronti nascosti – ma non per questo meno caldi – del conflitto infinito in Medio Oriente.
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