È un «dovere morale» degli ebrei di tutto il mondo «correggere l'infamia» delle falsità storiche che sono state dette, scritte e ripetute su Papa Pio XII e il suo presunto anti-semitismo. Con i suoi emissari Eugenio Pacelli riuscì a mettere in salvo «almeno 860 mila ebrei, più di qualsiasi altro leader od organizzazione» ed è «un obbligo» della comunità ebraica mondiale «farlo sapere» attraverso «documenti e testimonianze». Con questo impegno l'imprenditore newyorchese ebreo Gary Krupp ha inaugurato ieri a Roma il Convegno Esame del pontificato di Pio XII. Presso il Centro Alti Studi per la Difesa, si confrontano per tre giorni storici e giuristi convocati dalla Fondazione Pave the Way.
(m.b.) – È un «dovere morale» degli ebrei di tutto il mondo «correggere l’infamia» delle falsità storiche che sono state dette, scritte e ripetute su Papa Pio XII e il suo presunto anti-semitismo: con i suoi emissari Eugenio Pacelli riuscì a mettere in salvo «almeno 860 mila ebrei, più di qualsiasi altro leader od organizzazione» ed è «un obbligo» della comunità ebraica mondiale «farlo sapere» attraverso «documenti e testimonianze». Con questo impegno l’imprenditore newyorchese ebreo Gary Krupp ha inaugurato ieri a Roma un convegno dal titolo Esame del pontificato di Pio XII. Nella sede del Centro Alti Studi per la Difesa sono riuniti per tre giorni storici e giuristi, per iniziativa della Fondazione Pave the Way, creata da Krupp nel 2003 con l’obiettivo di promuovere azioni di collaborazione tra le diverse fedi, e che culminerà giovedì 18 nell’udienza con Benedetto XVI. Frutto di due anni di ricerche tra coloro che furono emissari, testimoni o collaboratori dell’azione papale, oggi quasi tutti ecclesiastici o superstiti ebrei ultra 80enni – che Krupp ha intervistato in vari Paesi per fissarne con la telecamera la testimonianza – il congresso mira anche a convincere le autorità israeliane a cambiare la didascalia – già al centro di un’aspra polemica con il Vaticano – del pannello che nel Museo dell’Olocausto, lo Yad Vashem, ricorda la figura di Pio XII.
Per Krupp, che nel gennaio 2005 portò 130 personalità ebraiche da papa Giovanni Paolo II per ringraziarlo di quanto aveva fatto per riavvicinare la Chiesa al popolo ebraico e che l’anno dopo riuscì a trovare i fondi per portare in Vaticano in «prestito permanente» il più antico Vangelo del mondo, il Papiro Bodmer, questa battaglia culturale è iniziata quasi per caso. «Sono cresciuto io stesso – racconta Krupp – pensando che Papa Pacelli fosse filo-nazista come avevo sentito dire. Ma quando, due anni fa, il Comitato di rabbini di New York mi chiese di aiutare il saggista Dan Kruzman ad avere accesso ad alcune fonti in Vaticano per le sue inchieste, scoprii attraverso di lui che Hitler aveva un piano per rapire il Papa, saccheggiare il Vaticano, annientare la Curia, e dai colloqui di Kruzman con il generale Karl Wolf ed altri gerarchi seppi che questo piano era in piedi… Non avevo mai sentito nulla di simile: come poteva Hitler pensare di uccidere il Papa se era un suo collaboratore? Mi resi conto che ci dovevano essere molte altre cose che non sapevamo ed oggi posso dire che siamo venuti a conoscenza di centinaia di fatti, circostanze e azioni messe in atto dal Papa per salvare gli ebrei, forse note ad alcuni storici ma di sicuro ignorate dal grande pubblico, che dobbiamo far conoscere perché si ponga fine alle mistificazioni diffuse sul Papa».
«Uno degli episodi più significativi per me – continua Krupp – è che quando il presidente Roosevelt, nel ’39, negò il permesso di attraccare al transatlantico tedesco St. Louis carico di profughi ebrei, rifiutando loro di sbarcare negli Stati Uniti e rispedendoli indietro al loro destino di morte, papa Pio XII cominciò a mandare due volte all’anno un telegramma cifrato a mons. Giovanni Ferrofino, il segretario del nunzio apostolico ad Haiti, con precise istruzioni di intraprendere con il nunzio un viaggio di un giorno e mezzo, ogni sei mesi, per incontrare il generale Trujillo e chiedergli 800 visti per gli ebrei ogni volta. E questo accadde dal 1939 al 1945. Nessun altro al mondo lo fece. L’iniziativa salvò probabilmente 11 mila ebrei! Mentre il presidente americano negava loro la salvezza, il Papa li fece entrare clandestinamente attraverso Cuba, Messico, Florida, Canada… È un fatto estremamente significativo e nessuno lo conosce».
Krupp ha studiato a fondo anche le modalità della nascita della «leggenda nera» che si diffuse intorno al Papa cinque anni dopo la morte, nel 1963, con la pubblicazione e il successo mondiale del dramma teatrale Il Vicario, di Rolf Hochhuth. «Oggi sappiamo – spiega – che era basata su una precisa trama inventata dai vertici del Kgb e commissionata ad Hochhuth per gettare discredito sul Papa e sulla Chiesa, il massimo nemico del comunismo: in codice era chiamata Operazione C12 ed erano coinvolti i servizi segreti russi». Per questo quel che più fa indignare Krupp è che nel giro di pochi anni siano cadute nell’oblio le attestazioni di stima che all’indomani della guerra le massime personalità ebraiche del tempo fecero pervenire al Papa per ringraziarlo di quanto aveva fatto: «Basti solo ricordare i messaggi di Golda Meir, David Ben Gurion, Albert Einstein, Joseph Lichtin, Nathan Goldman, il rabbino Elio Toaff, il rabbino Israel Zolli (che nel dopoguerra si convertì al cattolicesimo e si fece battezzare Eugenio proprio in omaggio all’impegno profuso dal Papa per la comunità ebraica romana – ndr)».
Il presidente della Pave the Way Foundation ha assunto come vero e proprio impegno personale quello di far cambiare la controversa didascalia che accompagna la foto di Papa Pio XII su un pannello dello Yad Vashem, il Memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme. «Deve essere cambiata in modo che rifletta correttamente i documenti che testimoniano l’opera di quel Papa nel salvare vite ebraiche durante la Seconda guerra mondiale. La spiegazione attuale – avverte Krupp – contiene affermazioni storicamente false, che creano animosità e continuano ad alimentare discordie» fra la comunità cattolica e quella ebraica e perciò vanno corrette.