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La trasfigurazione di Gesù è un evento centrale nell'economia della Buona Notizia, anticipazione della risurrezione a cui tutti siamo indirizzati.

Tabor nella gloria di Dio

suor Chiara Francesca
8 agosto 2008
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Tabor nella gloria di Dio
Raffaello Sanzio, La Trasfigurazione (dettaglio), Musei Vaticani

Il nostro itinerario questa volta approda a una montagna. Raggiungere un monte significa non solo inoltrarsi e dirigersi verso l’alto ma entrare in un luogo simbolico, in un’esperienza a «Tu per tu» (il monte infatti è luogo altamente evocativo d’incontro con l’Assoluto, non solo per la Bibbia ma anche per la riflessione mistica e teologica). Volutamente ci lasciamo portare insieme ai tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni sulla sommità del monte Tabor, per prendere parte con loro ad un evento di rivelazione e di rinnovata alleanza in un momento unico di gloria, anticipazione della risurrezione e meta verso cui i discepoli di tutti i tempi sono indirizzati: la trasfigurazione di Gesù. 

La tradizione cristiana ha ben presto identificato nel monte Tabor l’alta montagna della Galilea dove Gesù si trasfigurò davanti ai tre discepoli, presenti Mosè ed Elia. Il salmista cita il monte Tabor insieme all’Ermon per esemplificare la magnificenza di Dio nella creazione (cfr Salmo 89,13); il profeta Geremia, parlando della potenza di Nabucodonosor, re di Babilonia, lo dice stabile e sicuro come il Tabor tra i monti (Ger 46,18). Oggi attraverso l’evento della trasfigurazione diventa il nuovo Sinai, dove Dio Padre presenta al popolo della Nuova Alleanza la Legge personificata in Gesù: «Questo è il mio Figlio diletto, ascoltatelo!».

L’episodio della Trasfigurazione costituisce un tema centrale nei Vangeli, è un brano portante nella struttura della buona notizia. È evento di rivelazione che consolida la fede nel cuore dei discepoli, li prepara al dramma della croce ed anticipa la gloria della risurrezione.

Tra gli innumerevoli spunti che questo evento offre alla nostra riflessione, vogliamo soffermarci sulla duplice reazione dei discepoli. Da una parte c’è una reazione colma d’entusiasmo e dall’altra una reazione timorosa. Che cosa significa tutto questo per noi? Inizialmente ne cogliamo tutta la valenza positiva; è bello vedere la gloria del Cristo a volto scoperto! Questa bellezza è quella che ogni credente deve sentire nel cuore, è una bellezza da desiderare e da coltivare, perché sarà eterna. Ma a noi non è dato di trattenerla e fermarla; la dinamica di luci e di ombre è propria della storia, per cui la stessa trasfigurazione passa, non si può fermare. All’entusiasmo di Pietro subentra «un grande timore» proprio perché Dio passa e il tempo non è che una manifestazione transeunte di una Gloria permanente in Dio.

Anche nell’esperienza spirituale di santa Chiara ci è dato di cogliere momenti di gloria. Giunta ormai alla fine della vita, il suo biografo nella Legenda riporta queste parole desunte dalle sorelle testimoni al beato transito: «Vedi anche tu, o figlia, il re della gloria che io vedo?».

Guardando la gloria di Gesù trasformato, non ci resta che ringraziare con Gesù il Padre: ringraziare per la Scrittura, per Mosè ed Elia, per la via stretta che ci invita a percorrere dietro a lui, per la gloria che ci prepara. Sentiremo allora che Gesù ci riscalda il cuore e conferma la nostra fede, ci offre uno sguardo diverso che ci aiuta a vedere il riflesso del Figlio in ogni fratello.

(L’autrice è claustrale a Milano nel monastero di Santa Chiara)

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