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Nell'odierna Nablus (in Cisgiordania) è possibile visitare il pozzo di Sicar, nella cripta di una chiesa ortodossa. Il brano di Vangelo che narra l'incontro tra Gesù e la donna samaritana è tra i più noti.

Qui Gesù parlò alla samaritana

Chiara Tamagno
7 agosto 2008
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Qui Gesù parlò alla samaritana
Il pozzo di Sicar, nella cittadina palestinese di Nablus, in Cisgiordania.

Ancora oggi è possibile sedersi sul bordo di pietra dell’antico pozzo di Sicar, noto per il racconto evangelico di Gesù e della samaritana. Non solo, ma si può anche attingere acqua con il secchio che un monaco ortodosso immerge nella cavità della roccia e bere l’acqua fresca che a suo tempo dissetò il Signore Gesù. Una luce posta a illuminare il foro del pozzo, ne fa apprezzare la profondità di circa 30 metri (corrispondenti alla misura di 14 braccia citata nel Vangelo di Giovanni)

Il pozzo di Sicar si trova nella cripta della Chiesa ortodossa di Nablus, nel cuore della Samaria. Un luogo che ha antichissimi riferimenti biblici, a cominciare dal tempo di Giacobbe che, di ritorno dalla Mesopotamia, qui acquistò un terreno e vi fece costruire il pozzo per dissetare la sua famiglia e i suoi armenti (Gen. 33, 19-20). Campo che egli legò a suo figlio Giuseppe, che vi fu seppellito quattro secoli più tardi, quando il popolo ebraico ritornò dall’esodo in Egitto.

E proprio al pozzo venne a prendere riposo Gesù, sulla strada di ritorno dalla Giudea, mentre i suoi discepoli andavano nel villaggio in cerca di cibo. Molto noto è il racconto evangelico del dialogo tra il Signore e la donna samaritana che era venuta al pozzo ad attingere acqua (Gv 4, 5-42): «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice "dammi da bere" tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

Così il pozzo di Sicar, già sacro per gli ebrei legati alla memoria di Giacobbe, diventa luogo santo anche per i cristiani che vi riconoscono il segno del passaggio di Gesù e la rivelazione del suo messaggio sull’acqua della vita. Da allora le fonti parlano di una tradizione ininterrotta di devozione, dapprima all’interno di una chiesa a forma di croce già in epoca pre-costantiniana, quindi di un tempio a tre navate in epoca crociata e, dopo alcuni secoli in cui il santuario fu lasciato in rovina, si arriva al restauro dell’antica cripta da parte dei greci ortodossi, che ne acquistarono la proprietà nel 1860. I lavori di costruzione della chiesa attuale iniziarono solo al tempo del primo conflitto mondiale e si conclusero negli anni successivi.

La chiesa presenta i segni dell’antico passato, soprattutto nelle colonne che conservano ancora capitelli romani. Pregevoli le numerose icone dedicate all’incontro di Gesù con la donna samaritana, ma anche ad alcuni santi.

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