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Dalla basilica di Santa Anastasia a Roma partono ogni anno gruppi di pellegrini particolari Non solo visitano i Luoghi Santi, ma si dedicano alladorazione eucaristica perpetua Ce ne parla don Alberto Pacini.

Adoratori per la pace

Manuela Borraccino
8 agosto 2008
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Adoratori per la pace
Don Alberto Pacini (in primo piano a destra) con un gruppo di pellegrini in Terra Santa.

Non è un pellegrinaggio come gli altri, quello che il rettore della basilica di Sant’Anastasia al Palatino promuove in Terra Santa. Da quando, appena arrivato nel 2000 dopo esser stato diversi anni in missione in Africa, don Alberto Pacini ha «coronato il sogno» di istituire l’Adorazione eucaristica perpetua nell’antica basilica nei pressi del Foro romano lasciandola così aperta 24 ore su 24 ai fedeli, questo sacerdote dal sorriso contagioso e gioviale si è impegnato a diffondere ovunque una devozione trascurata negli ultimi decenni. Così, dal primo pellegrinaggio nei Luoghi Santi nel 2004, è nata l’idea di un percorso «alternativo» da proporre ai pellegrini: una settimana di adorazione eucaristica no-stop nella basilica della Natività di Betlemme, per implorare notte e giorno la pace in Terra Santa (la prossima è dal 22 settembre al 2 ottobre). Da allora, spiega, oltre alla settimana di adorazione che rappresenta una delle opzioni proposte ai parrocchiani, ha avuto «la gioia di vedere i due frutti» di questa iniziativa nell’istituzione dell’adorazione perpetua sul Monte delle Beatitudini e al santuario della Grotta del Latte a Betlemme.

«Il legame con la Terra Santa – racconta il sacerdote – è nato da una promessa fatta nel 2003, quando la situazione fra israeliani e palestinesi era al culmine della tensione e proprio per cercare di alleviarla ci siamo impegnati a fare un pellegrinaggio all’anno, e così è stato. È molto importante andare sia per pregare che per spendere qualche soldino in Terra Santa: i pellegrini vogliono portare a casa qualche souvenir, e per chi vive lì è ancora più importante il pellegrinaggio perché il turismo rafforza la presenza dei cristiani, li aiuta a vivere in quella situazione così difficile. I pellegrini sono davvero benvenuti in Terra Santa, abbiamo sempre avvertito questa ospitalità calorosa, sincera».

Oltre al significato spirituale e di aiuto concreto, don Alberto sottolinea l’aspetto «terapeutico» del pellegrinaggio in una terra così tormentata: «I pellegrini sono persone pacifiche, e con la loro stessa presenza, con il loro vociare nelle strade, con i piccoli acquisti di oggetti religiosi, con il sorriso in posa per farsi scattare una foto o per fermarsi a scambiare due parole con la gente del luogo, dissolvono in un certo senso la tensione, aiutano a ristabilire un minimo di normalità: per questo è così importante andare! Grazie a questi piccoli gesti, la semplice presenza di pellegrini ha un impatto straordinario sulle diverse comunità… E poi la preghiera: non solo è efficace ma crea un’atmosfera che alimenta a sua volta il desiderio di contemplazione e questo crea un clima di pace».

Per questa ragione nel 2006 nasce la settimana di adorazione eucaristica a Betlemme: «Notte e giorno per sette giorni davanti al Santissimo Sacramento, studiando i documenti sull’Eucarestia e sulle Scritture e dedicando parecchie ore alla preghiera di intercessione per la pace in Terra Santa».

Il forte legame spirituale fra Roma e Gerusalemme viene alimentato tutto l’anno, come indica l’intenzione posta sulla vetrata all’ingresso della cappella dell’adorazione (vedi box): «Il fatto è che non possiamo far altro che pregare – dice don Alberto – e la preghiera d’altra parte può abbattere le barriere… come è accaduto a Gerico, lo leggiamo nella Bibbia, quando la preghiera buttò giù le Mura. Noi speriamo che la preghiera possa far cadere il muro che divide questi due popoli».

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