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Il nostro Progetto Gerusalemme, opportunità unica

13/06/2008  |  Dili (Timor Leste)
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Il nostro<i> Progetto Gerusalemme</i>, opportunità unica
Alcune delle Figlie di Maria Ausiliatrice per le vie di Gerusalemme con il francescano padre Eugenio Alliata.

Con altre 17 religiose del suo istituto, provenienti da varie parti del mondo, suor Alma Castagna ha appena trascorso dodici settimane in Terra Santa, da marzo a maggio. Missionaria salesiana di origini lombarde, la suora vive e opera da molti anni a Venilale, nella neonata piccola repubblica di Timor Leste. In quel lembo di terra dell'Oceano Pacifico, schiacciato tra due giganti vicini - Australia e Indonesia -, suor Alma mette a frutto anche le sue competenze di medico. Ecco come la religiosa riassume il soggiorno a Gerusalemme.


Con altre 17 religiose del suo istituto, provenienti da varie parti del mondo, suor Alma Castagna ha appena trascorso dodici settimane in Terra Santa, da marzo a maggio. Missionaria salesiana di origini lombarde, la suora vive e opera da molti anni a Venilale, nella neonata piccola repubblica di Timor Leste. In quel lembo di terra dell’Oceano Pacifico, schiacciato tra due giganti vicini – Australia e Indonesia -, suor Alma mette a frutto anche le sue competenze di medico.
Parlandoci della sua recente esperienza in Terra Santa ci ha detto: «Venendo qui, mi pare di aver avuto l’opportunità di conoscere meglio Cristo (è un "lavoro" che non sarà mai finito), e amarLo di più. È stato un po’ come andare alla radici, al fondamento del mio essere in Timor. Ho cercato di motivare meglio il mio essere là, di capirne il senso alla luce di Qualcuno e non di un’idea. Ora, mi aspetta un’altra "incarnazione": far rivivere le cose scoperte, la realtà vissuta qui, la Persona incontrata qui, nella mia vita di tutti i giorni là!».
Ecco come suor Alma riassume il periodo trascorso a Gerusalemme.

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Ricordo ancora l’invidia (non oso chiamarla «santa») che provai due anni fa quando incontrai una consorella che aveva partecipato al Progetto Gerusalemme, che implicava un soggiorno di tre mesi nella città santa! In quel momento pensai: «Che grazia!». Poi, inaspettatamente, quest’anno quel dono incredibile è capitato a me.

Che cos’è il Progetto Gerusalemme? Qualche anno fa, dopo il XXI capitolo generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, il nostro istituto ha pensato una «singolare» opportunità per accompagnare il processo di rinnovamento personale e comunitario alla luce della Parola di Dio. L’opportunità consiste in 12 settimane a Gerusalemme, vissute in un’esperienza guidata che favorisca una forte esperienza biblica, diremmo quasi imparare da Gesù come accostarsi alla Scrittura, in modo da realizzare un ascolto sapienziale della Parola e la lettura credente della realtà quotidiana; un approfondimento delle radici bibliche del carisma salesiano; un cammino per abilitarsi a educare i giovani all’incontro con la Parola.

Il gruppo di cui ho fatto parte – da marzo a maggio – era costituito da 18 Figlie di Maria Ausiliatrice provenienti dall’Europa, dall’America Latina e dall’Asia orientale e già questa nostra realtà parlava di internazionalità… come la stessa Gerusalemme dove si scopre un mosaico di popoli e di religioni.

È difficile sintetizzare in poche parole questa esperienza così ricca. Prenderei un termine che fa da aggregante a tutto: la Parola. Abbiamo dedicato molto tempo alla lettura, riflessione e meditazione della Parola, laboratori sulla Bibbia, perché questa «parlasse», si facesse vita quotidiana. E, come anche notava il patriarca Michel Sabbah in una sua lettera pastorale, leggere la Bibbia nella terra della Bibbia cambia anche la nostra capacità di ascolto e comprensione della Parola. Ecco così che è nata l’immediata scoperta che la Parola non è solo un testo da studiare e approfondire e che Gesù non è semplicemente un itinerario spirituale, ma è incarnazione: il Verbo, si è incarnato, fatto realtà visibile storicamente, proprio qui! Abbiamo avuto il grande dono di visitare i luoghi santi accompagnate da persone qualificate, amanti delle «pietre» e dei luoghi, ma soprattutto delle persone e della loro storia.

Se mai l’avessimo avuta, ci è stata fatta passare la smania di sapere se Gesù era proprio passato di qui, si era seduto lì, ecc… ma abbiamo imparato a cogliere una Presenza, a camminare sulle orme di Cristo e a gustare questi eventi di salvezza (la «geografia» della salvezza) dei quali non era importante sapere con precisione millimetrica dove erano avvenuti, ma piuttosto coglierne il significato per la nostra vita. Emozionante è stata la visita a Cafarnao: il contemplare la sinagoga che sorge dove Cristo ha lodato e pregato il Padre e quelle case che parlano di vita quotidiana, di una fede che si giocava tra le attività, forse banali, di ogni giorno, dando loro un sapore diverso. Ed è pensando alla fede che qui ci si rende conto di come la nostra fede sia stata trasmessa di generazione in generazione, da Cristo a noi: quelle Chiese costruite una sull’altra a partire dalle domus ecclesiae delle prime comunità, passando poi per i bizantini, seguiti dai crociati, fino alle Chiese che possiamo vedere oggi parlano di un amore a Cristo che non voleva perdere nulla del Suo passaggio e della sua vita tra noi.

Il secondo aspetto legato alla Parola è che questa continua a «farsi carne» nell’oggi e in particolare in questa terra. Abbiamo avuto moltissimi incontri: dal patriarca al nunzio, dal Custode di Terra Santa al responsabile della Pastorale giovanile del patriarcato. Ma anche con giovani animatrici di altri giovani, con giovani scout; e insieme a questi le visite a un centro giovanile, alla sinagoga italiana, al Museo Yad Vashem e a quello nazionale. Tutto ci ha portato a «scoprire» una Parola di salvezza che ha una sua umanità, è incarnata in una cultura, con la quale molto spesso noi cristiani, al di fuori della Terra Santa, facciamo poco i conti. Abbiamo potuto avvicinare persone e gruppi impegnati in prima persona nel districarsi della storia di questo Paese, storia della quale ci siamo scoperte sommamente ignoranti. Avventurarsi nella realtà quotidiana dei cristiani di Terra Santa è stata una continua sorpresa, visto che le nostre informazioni si limitavano a quanto le grandi testate ci passano su questa zona, e cioè il conflitto israelo-palestinese. Ci si rende conto di quanto complesso sia il problema, di quanto semplicistiche siano alcune affermazioni e la presentazione della realtà.

Un’ultima parola per i francescani che abbiamo avuto il piacere di incontrare in questo soggiorno. Ognuna di noi ha potuto cogliere quanto sia appropriata la parola «custodia» per la loro presenza in questa terra. Abbiamo sperimentato una cura amorosa dei luoghi, attraverso archeologi preparati e qualificati, ma anche nel servizio umile e semplice di chi continua a vivere in questi luoghi a servizio dei tantissimi pellegrini (si dice che quest’anno si sia tornati ai «bei tempi» del Giubileo del 2000). I frati li abbiamo visti sempre disponibili ad accompagnare gruppi, con la sapienza di chi non solo sa presentare i luoghi, ma soprattutto sa decifrarne il significato salvifico. Abbiamo apprezzato la «custodia» di riti e liturgie che se all’inizio possono sembrare antiquate (mi tornavano alla mente le parole del mio professore di latino al liceo: «Vi servirà imparare questa lingua…») , ridonano però il gusto del sacro, e dicono la fede di tutti coloro che ci hanno preceduti.

A loro e a tutti quanti ci hanno dato la possibilità di vivere questa straordinaria esperienza, il nostro GRAZIE!

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