Anche una piccola squadra di atleti palestinesi parteciperà alle olimpiadi di Pechino: tra loro Nader Masri, fondista 28enne di Gaza, impegnato sui 5 mila metri; Zakyia Nassar, nuotatrice 21enne di Jenin, e Gadir Garouf, 17enne in gara nella corsa. È dalle olimpiadi di Atlanta del 1994 che minuscoli drappelli di atleti palestinesi partecipano ai giochi, sfilando sotto la bandiera dell'Autorità Palestinese, come una qualsiasi altra nazione. Il clima politico più disteso emerso dai colloqui di pace del 1993 tra Israele e l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), fruttò anche il risultato, poi mantenuto nel tempo, della partecipazione olimpica.
Anche una piccola squadra di atleti palestinesi parteciperà alle olimpiadi di Pechino: tra loro Nader Masri, fondista 28enne di Gaza, impegnato sui 5 mila metri; Zakyia Nassar, nuotatrice 21enne di Jenin, e Gadir Garouf, 17enne in gara nella corsa. È dalle olimpiadi di Atlanta del 1994 che minuscoli drappelli di atleti palestinesi partecipano ai giochi, sfilando sotto la bandiera dell’Autorità Palestinese, come una qualsiasi altra nazione. Il clima politico più disteso emerso dai colloqui di pace del 1993 tra Israele e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), fruttò anche il risultato, poi mantenuto nel tempo, della partecipazione olimpica.
Gli atleti palestinesi però, più di molti altri, stanno vivendo questi mesi di preparazione atletica con difficoltà, dovendo allenarsi in un contesto permanente di stato di guerra e mancanza di strutture: «Sto vivendo un incubo – racconta Zakyia Nassar, che copre i 50 metri stile libero nel discreto tempo di 32 secondi -. A Pechino farò una figura vergognosa». All’università di Jenin dove Zakyia studia non esiste una piscina olimpionica in cui allenarsi quotidianamente. «Mi servirebbe un permesso speciale per andare a Gerusalemme dove ce n’è una – spiega Zakyia – ma l’Autorità Palestinese non sembra interessarsi al mio caso e non è riuscita a ottenere il documento necessario da Israele. Questa cosa mi uccide». Così Zakyia sarà l’unica nuotatrice a presentarsi a Pechino con una preparazione in vasca di massimo una volta al mese. «Sai come mi sembrerà la piscina a Pechino dal momento che non sono abituata alle dimensioni regolamentari? Un oceano – commenta disillusa -. Non voglio dare uno spettacolo vergognoso, arrivare ultima e sentire dire da tutti che ero sul punto di affogare».
Gadir Garouf, nonostante sia una delle più promettenti atlete palestinesi, continua a correre con le sue vecchie scarpe da ginnastica. Il suo allenatore le ha procurato un paio di scarpe nuove, degne dell’occasione internazionale, ma lei si ostina a conservarle confezionate, rifiutandosi di rovinarle prima del giorno della gara olimpica. «Sogno la medaglia – sospira -. So che è impossibile, ma la sogno lo stesso. È forse vietato?».
Chi ha avuto più difficoltà in questi mesi di preparazione è stato forse Nader Masri, fondista di Gaza con un personale certo non «da podio» di 14 minuti e 23 secondi sui 5 mila metri. Per allenarsi Masri aveva l’abitudine di correre per le strade del suo quartiere ogni giorno, in attesa di un permesso da parte delle autorità israeliane per poter lasciare Gaza e recarsi a Gerico, dove vive il suo allenatore, Yusuf Hamed. «Ho corso dieci anni per partecipare alle olimpiadi. Io non ho niente a che fare con la politica – si è lamentato Masri con le autorità -. Fatemi uscire dalla Striscia, non rovinate il mio sogno olimpico». Nel mese di aprile, finalmente, in seguito ad appelli umanitari, Israele ha concesso a Masri un permesso speciale per recarsi in Cisgiordania ed allenarsi con più continuità.