«L'Iran non è un Paese antioccidentale come si vorrebbe far credere», ha spiegato la professoressa Farian Sabahi poche sere fa, parlando a un uditorio attento presso il Centro di Terra Santa a Milano. «Gli iraniani - ha proseguito la studiosa - si considerano semmai più vicini all'Occidente e all'Europa, e meno al mondo arabo. Paradossalmente, se dovessi dire qual è il Paese del Medio Oriente più simile per affinità e intraprendenza all'Iran, direi senza dubbio Israele, che infatti - nonostante l'apparente ostilità che manifesta contro Teheran - conclude affari economici con l'Iran, grazie al ponte di Paesi terzi».
(c.g.) – Il popolo iraniano tra i giusti d’Israele? «Nel 1941 migliaia di ebrei polacchi autorizzati dalle autorità britanniche si stabilirono e vennero accolti in Iran, per evitare di venire sterminati dai nazisti. Poi, alla fine della seconda guerra mondiale, i soldati inglesi di fede ebraica li accompagnarono in Palestina».
L’aneddoto, che fa a pugni con l’ostentata recente ostilità nei confronti di Israele del regime sciita iraniano, è una delle molte informazioni inedite che Farian Sabahi, iraniana, docente universitaria a Torino ed esperta di storia dell’Iran, ha comunicato nel corso della serata dal titolo «Iran regno del male? Vita quotidiana nel regno degli ayatollah», lo scorso 12 maggio presso il Centro di Terra Santa di Milano. Nel corso della serata Luca Geronico, giornalista degli esteri di Avvenire, ha affiancato Farian Sabahi nel racconto di un Iran lontano dai pregiudizi e dalle semplificazioni giornalistiche; un Paese ricco di contraddizioni ma anche animato da molti segni di speranza.
«L’Iran non è un Paese antioccidentale come si vorrebbe far credere – ha spiegato la professoressa Sabahi -; anzi: gli iraniani si considerano più vicini all’Occidente e all’Europa, e meno al mondo arabo. Paradossalmente, se dovessi dire qual è il Paese del Medio Oriente più simile per affinità e intraprendenza all’Iran, direi senza dubbio Israele, che infatti – nonostante l’apparente ostilità che manifesta contro Teheran – conclude affari economici con l’Iran, grazie al ponte di Paesi terzi».
In Iran, nonostante il peso determinante del potente clero sciita, secondo Sabahi esiste una società civile vivace e moderna: «Non è vero che il clero sciita sia monolitico e tutto ostile all’Occidente – ha osservato la studiosa -: esiste, invece, all’interno del clero un’ala dissidente che ha un forte seguito anche se è perseguitata. L’opinione pubblica è scontenta del finanziamento iraniano a Hezbollah e ad Hamas e protesta anche perché così vengono a mancare risorse economiche interne. Il Paese ha dei lati sorprendenti: il 63 per cento delle matricole nelle università sono ragazze e il fenomeno è così accentuato che Almadinejad, l’attuale presidente, ha addirittura proposto delle "quote azzurre", per rendere equilibrate le iscrizioni universitarie. Nonostante l’alto livello di istruzione, però, la disoccupazione in Iran è al 25 per cento e molti, pur in presenza di sussidi del governo, vivono in una condizione di povertà. Il Paese attende riforme strutturali e il popolo alle ultime elezioni ha votato in massa i conservatori di Almadinejad non tanto per oscurantismo, quanto perché i riformisti di Kathami, mancando forse di coraggio, hanno perso l’occasione di fare le riforme; l’opinione pubblica italiana questo lo può capire, perché in fondo è successa una cosa simile anche qui con la caduta del governo Prodi e l’affermazione di Berlusconi».