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L'incontro tra Maria e sua cugina Elisabetta è pervaso di grande letizia. E la causa prima di questa letizia è il bambino Gesù.

Ain Karem. Il canto del Magnificat

suor Maria Letizia
7 maggio 2008
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Ain Karem. Il canto del Magnificat
Raffaello e Giulio Romano, Madonna con Gesù Bambino, santa Elisabetta e san Giovannino, (particolare), Museo del Prado, Madrid.


Subito dopo aver ricevuto l’annuncio dall’angelo che diventerà Madre di Gesù e aver dato il suo assenso, Maria si mette in viaggio verso la montagna.  Nazaret – Ain Karem (la città di Giuda identificata con questa località vicina a Gerusalemme): un viaggio non facile di circa 150 chilometri, compiuto da questa giovane donna che porta in grembo Gesù, con la fretta di chi è mosso dallo Spirito che la rende sciolta, libera, creativa, disponibile al piano divino.

Maria desidera vedere il segno dato dall’angelo (la gravidanza al sesto mese dell’anziana parente Elisabetta, che tutti dicevano sterile) che le avrebbe confermato il suo mistero e desidera prestare servizio alla cugina in questo momento di necessità. Maria che porta in sé Gesù, in cammino sui monti della Giudea diventa l’immagine della Chiesa che, nel suo seno, porta la speranza del mondo.

Raggiunta la casa di Zaccaria e varcata la soglia, Maria saluta Elisabetta. Un saluto pieno di tenerezza, entusiasmo che diffonde gioia. L’incontro tra le due madri in attesa, nell’abbraccio affettuoso, è pervaso di grande letizia. E la causa di questa letizia è Gesù.

Gesù, che ancora non si vede, è in quella casa; poiché lì vi è Maria, egli può agire attraverso la presenza e la voce della madre facendo sussultare, danzare di gioia il piccolo Giovanni nel grembo di Elisabetta. Il precursore riconosce l’arrivo del Messia.

Riconoscere che Maria porta Gesù nella casa di Elisabetta e che da questo fatto scaturisce la gioia, ci insegna a vivere lo stile di premura, di delicata condivisione delle fatiche dell’altro, di attenzione preveniente; ci insegna che anche un semplice saluto pieno di gioia porta luce nell’esistenza di chi ci è accanto; ci fa sperimentare che l’incontro con l’altro ha a che fare con l’eterno e ci comunica la stessa visita gratuita di Dio. Se portiamo Gesù in noi, grazie a una fede veramente convinta, avremo nel cuore la gioia della speranza cristiana e faremo sussultare di gioia anche  coloro che incontriamo sulle nostre strade.

Dopo l’ascolto del saluto di Maria e il sussulto di Giovanni nel grembo, Elisabetta, ricolma di spirito profetico, riconosce il mistero di Maria e la presenza in lei del Signore. E l’effetto dello Spirito che riempie Elisabetta, è l’esplosione in un grande grido di benedizione e di beatitudine. «Benedetta tu fra le donne, benedetto il frutto del tuo grembo… A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me? Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

Maria si sente compresa dall’anziana cugina, avverte che, senza bisogno di spiegazioni, sa del suo segreto e glielo conferma. Allora Maria scoppia nel canto del Magnificat rivelando ciò che porta nel cuore: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata».

Maria loda Dio per i benefici di cui l’ha colmata e per l’opera di salvezza che Dio ha attuato in favore del suo popolo Israele. Questo canto, che la Chiesa ripete ogni sera nella preghiera vespertina, ci aiuta a tenere saldamente collegata la vicenda personale di ciascuno con la potente e generosa opera di Dio per ogni creatura e per la storia degli uomini.

Maria rimase in quella casa circa tre mesi. E per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce Giovanni, e Zaccaria suo padre, riacquistata la parola, benedisse Dio.

(L’autrice è claustrale a Milano nel monastero di Santa Chiara)

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