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Siria. La povertà alimenta il traffico d’organi umani

21/04/2008  |  Milano
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La disperazione dettata dalla povertà sta spingendo molti siriani a gesti estremi. La prospettiva di mettere la propria vita nelle mani dei trafficanti d'organi deve apparire a chi non ha di che sfamare la propria famiglia qualcosa di accettabile, pur con tutti i rischi che ciò comporta. In Siria la legge proibisce di vendere i propri organi. Ma niente vieta, in linea di principio, di passare le frontiere e sottoporsi all'espianto all'estero.


La disperazione dettata dalla povertà sta spingendo molti siriani a gesti estremi. La prospettiva di mettere la propria vita nelle mani dei trafficanti d’organi deve apparire a chi non ha di che sfamare la propria famiglia qualcosa di accettabile, pur con tutti i rischi che ciò comporta. In Siria la legge proibisce di vendere i propri organi. Ma niente vieta, in linea di principio, di passare le frontiere e sottoporsi all’espianto all’estero. In Egitto, per esempio. Dove per un rene si possono ottenere fino a 400 mila lire siriane (4.900 euro). I rischi, però, sono evidenti. Il sito Syria News recentemente ha raccontato la storia di Ammar Haj Hasan, un siriano deceduto dopo aver venduto un rene in Egitto per cinquemila dollari, mentre al mediatore sarebbero andati circa 500 dollari.

Non che in Siria, a dispetto della legge, non si concludano comunque «affari» di questo tipo. Magari mascherando i trapianti con l’etichetta di una semplice «donazione». «È come quando si intende acquistare una casa – ammette un chirurgo – Per comprare un rene basta mettere un’inserzione su un giornale», magari sostituendo i termini in modo che sembra si tratti di una donazione. «A decine capiranno il messaggio e offriranno i propri organi in cambio di soldi: ci sono un sacco di esempi di gente che ha usato questo metodo».

Anche sui muri delle principali città si possono trovare volantini di questo tipo: «Uomo in buone condizioni di salute è disposto a donare parte del suo fegato». Sono annunci molto comuni, purtroppo, spesso firmati da giovani disperati a causa dell’alto costo della vita e della difficoltà nel trovare un’occupazione stabile. Il sogno di poter comprare una casa e mantenere una famiglia, così, si traduce nella disponibilità ad affrontare un rischio che può anche rivelarsi mortale. «In passato i pazienti erano costretti a recarsi all’estero, spesso in India, per acquistare un rene al costo di un milione di lire siriane (12 mila euro circa). Oggi, invece, possono ottenerne uno qui in Siria per meno della metà di quel prezzo», sostiene ancora un chirurgo siriano.

Il commercio illegale di reni, in particolare, è un business molto praticato, redditizio al punto tale da «suggerire» ai più la violazione della legge. All’inizio del 2008, forse per porre un freno a questa situazione, il governo ha ordinato a tutti gli ospedali privati di interrompere le procedure per il trapianto di reni, con la motivazione che queste strutture non possedevano i necessari requisiti igienico-sanitari per operare in sicurezza.

La legge consente alle famiglie soltanto di donare gli organi dei propri congiunti deceduti. Gli espianti possono essere praticati soltanto negli ospedali governativi, ma molte famiglie oggigiorno considerare le donazioni socialmente inaccettabili. Anche per questo chi ha bisogno di un trapianto d’organi è spesso costretto a rivolgersi al mercato nero. Con il risultato che ormai i trapianti clandestini in Siria stanno diventando la regola di trafficanti disposti a tutto, pronti a sfruttare anche le debolezze dei più disperati.

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